giovedì 19 novembre 2020
Antisemita, eugenista, fan di Hitler: la memoria di Stoper è diventata troppo ingombrante
Marie Stopes (1880-1958)

Marie Stopes (1880-1958)

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L’ossessione di cancellare un passato ritenuto scomodo, arrivata nel Regno Unito sull’onda del movimento afroamericano «Black Lives Matter», costringe la Marie Stopes International – uno dei più grandi provider al mondo per l’interruzione volontaria della gravidanza – a cambiare nome. L’impronta eugenetica che grava sulla memoria della donna di cui ha portato il nome fino a martedì scorso, Marie Stopes, è diventata troppo ingombrante. D’ora in poi, la rete che offre servizi di contraccezione e aborto in 37 Paesi si chiamerà «Msi Reproductive Choices». La nota con cui è stata ufficializzata la nuova denominazione è più di un pedante distinguo: spiega infatti che «Marie Stopes non è stata la nostra fondatrice», che l’organizzazione ha preso il suo nome solo perché ha avuto origine nel 1976 nello stesso edificio londinese in cui Stopes, anni addietro, aveva fondato la sua «Mothers’ Clinic», che dalla «pioniera della pianificazione familiare » ha ereditato solo la determinazione ad aiutare le donne «ad avere più controllo delle proprie vite ». Le sue opinioni sull’eugenetica, sottolinea, «sono in netto contrasto » con i nostri valori.

Il profilo della donna che nel 1999 i britannici elessero come personaggio del millennio è molto controverso. Nata a Edimburgo nel 1880, è stata una studiosa di botanica e geologia, la prima donna a essere ammessa tra gli accademici dell’Università di Manchester. Il libretto che l’ha resa famosa negli anni della Grande Guerra è stato Married Love, manuale di educazione sessuale per le donne. Sposata due volte, antisemita, ammiratrice di Adolf Hitler, era convinta che la «riproduzione sconsiderata delle fasce più povere della società, dei deficienti e dei deboli» danneggiasse il progresso della razza e andasse frenata con la sterilizzazione forzata. Secondo alcuni studiosi, l’idea di fondare a Holloway, periferia a nord della capitale, la prima clinica per il controllo delle nascite è stata ispirata proprio da questo suo disprezzo nei confronti degli ultimi. Il modello londinese è poi stato replicato di anno in anno in tutto il Regno Unito: ne è nata una rete che ha continuato a funzionare anche dopo la sua morte, fino alla bancarotta del 1975. La rilevazione dell’intero network da parte di Tim Black, il fondatore del moderno network per gli aborti, è andata ben oltre l’edificio della prima clinica fondata da Stopes in un sobborgo. Ma nell’ossessione dell’associazione per il controllo delle nascite nei Paesi in via di sviluppo molti riconoscono i residui del suo approccio eugenista. «Non neghiamo il passato – commenta Simon Cook, attuale direttore – ma è tempo di guardare avanti. E questo è il momento giusto per farlo».

Cosa c’è nel futuro “ripulito” – almeno nella forma – dalle ombre più scure legate alla “sacerdotessa” delle cure parentali? Il cambio del nome precede il lancio di una strategia decennale per l’accesso all’aborto in telemedicina, sperimentato durante l’epidemia di coronavirus, rivolto a 120 milioni di donne ovunque nel mondo. Soprattutto in Africa.

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