Suicidio assistito, la Camera dei Lord frena: «Serve una riflessione»
Anche Londra avrà una legge sull'aiuto medico a morire? Dopo il via libera della Camera dei Comuni, la seconda lettura parlamentare ha rinviato il provvedimento all'esame di una commissione

Il disegno di legge sul suicidio assistito in Galles e Inghilterra procede spedito il percorso parlamentare: a giugno, il testo è stato approvato dalla Camera dei Comuni; la scorsa settimana è passato in seconda lettura anche ai Lord che l’hanno però affidato a una commissione, istituita ad hoc con una mozione, per un ulteriore scrutinio da concludere entro il 7 novembre. La legge prevede che al suicidio assistito possano accedere, previo consenso di due medici e di una commissione composta da uno psichiatra, un assistente sociale e un giurista, solo malati terminali maggiorenni, capaci di intendere e volere, con aspettative di vita di massimo sei mesi. Sono esclusi, questo fu il risultato di una modifica last minute ai Comuni, i casi motivati da disabilità o disturbi mentali (compresa l’anoressia). Nessuno sa, con certezza, quello che succederà quando il testo tornerà in aula. È difficile (ma non impossibile) che i Lord, in quanto parlamentari “non eletti”, contraddiranno la volontà espressa ai Comuni. Ciò non toglie, è già successo in passato, che possano respingerlo (anche solo in parte) o introdurre i cosiddetti “wrecking amendments” che renderebbero la legislazione inattuabile. Non che al momento lo sia. La Commissione speciale a cui la legge è stata inviata dovrà principalmente sciogliere i nodi tecnici legati alla sua entrata in vigore: come finanziarla, quale impatto avrà sul sistema sanitario nazionale e sull’ordinamento giudiziario, come regolare il coinvolgimento dei medici e delle altre figure professionali (psichiatri, medici, medici di base, geriatri ed esperti di cure palliative) coinvolte nel processo di erogazione del servizio. L’associazione pro-life Care not Killing ha stimato che le questioni in sospeso, su cui il governo sarebbe chiamato a decidere in un secondo momento, sono 42. È questo il motivo per cui il provvedimento, seppure ottenesse il via libera definitivo entro dicembre, diventerà operativo. Le prime “somministrazioni” non prima del 2029-30. Di certo c’è, per il momento, che solo che la questione è fortemente divisiva perché destinata a segnare uno spartiacque nella storia britannica: Londra rischia, mai come prima, di andare a rinforzare il fronte “favor mortis” delle nazioni europee (come Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Austria, Spagna e Portogallo) che hanno legalizzato varie forme di eutanasia. A dirla lunga sulla portata della posta in gioco è il numero dei Lord che si sono iscritti a parlare nel dibattito alla Camera Alta prima di trasferire il provvedimento in commissione: quasi 200 in due giorni. Un record che supera pure i 187 interventi che misero l’aula in subbuglio, nel 2018, durante il dibattito sulla legge che rendeva operativa la Brexit. Il testo, lo ricordiamo, è nato ai Comuni da un’iniziativa privata, quella della laburista Kim Leadbeater, con il favore del premier Keir Starmer. Tuttavia, ha intercettato consensi anche tra i conservatori che sono, per tradizione politica, depositari delle istanze pro-life. Tra i detrattori della legge, tra i Lord, c’è l’ex primo ministro conservatore Theresa May che ne ha parlato come di una norma che legalizza la “licenza di uccidere”. Parole forti che hanno “offeso” i parlamentari favorevoli alla svolta perché convinte che il suicidio assistito sia una conquista di civiltà e libertà. “Le persone mi hanno scritto la scorsa settimana, molto angosciate, dicendomi: ‘non siamo suicidi, vogliamo vivere, ma stiamo morendo, e non abbiamo la possibilità o la capacità di cambiare questo stato’, ha tuonato la laburista Glenys Thornton. Il dibattito continua ad agitare anche l’opinione pubblica. Le associazioni pro-life sottolineano che l’attuale formulazione della legge non protegge le persone vulnerabili, soprattutto quelle con difficoltà di apprendimento, da pressioni sottili finalizzati alla ricerca della morte. La scrittrice J.K. Rowling, dalla cui penna è nata la saga di Harry Potter, ha fatto sapere di aver cambiato idea sul suicidio assistito: « Prima ci credevo, ma non più. Sono sposata con un medico che mi ha aperto gli occhi sulle possibilità di coercizione nei confronti di persone malate o vulnerabili». In molti continuano a chiedersi il perché di un dibattito così frettoloso: a Londra prevale la percezione che, su un tema delicato come questo, ci sia solo bisogno di una riflessione più accurata e approfondita. In una parola: di tempo.
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