L'Europa rischia di perdersi: aborto più libero e senza vincoli
Il 18 dicembre il Parlamento di Strasburgo esamina la petizione firmata da oltre un milione di cittadini che chiede più libertà per interrompere gravidanze. Parla il presidente di "One of us", Tonio Borg

Contraddizioni su contraddizioni. La “Iniziativa dei cittadini europei” per favorire il ricorso all’aborto in tutti gli Stati dell’Unione Europea – presentata a Bruxelles il 2 dicembre, e che verrà dibattuta al Parlamento Europeo a Strasburgo giovedì 18 – è incompatibile con la legislazione europea secondo la Federazione europea “One of us” (“Uno di Noi”, che comprende 50 associazioni pro life in 18 Paesi), il cui presidente, l’avvocato maltese Tonio Borg, ribadisce con convinzione: «È contrario ai Trattati fondativi che l’Unione Europea possa approvare una iniziativa di “turismo abortivo”. Il tema dell’interruzione di gravidanza è regolato dalle leggi dei singoli Paesi». Argomentazioni razionali e giuridiche sostengono le attività di “One of us”, aggiunge Borg (che fu più volte ministro nel suo Paese e commissario europeo per la Salute nel 2012-14): «In più si pone un interrogativo culturale: come è possibile, di fronte alla grave crisi della natalità in Europa, promuovere l’eliminazione dei nascituri, anziché favorire e sostenere le “Case per la maternità”, anche quando è difficile, che molte delle nostre associazioni realizzano nei rispettivi Paesi?».
Presidente Borg, dopo l’audizione del 2 dicembre, la proposta “My voice, my choice” (“La mia voce, la mia scelta”) giungerà nell’aula di Strasburgo giovedì prossimo. Che cosa vi aspettate?
Sappiamo che al Parlamento Europeo esiste una maggioranza trasversale che sostiene il “diritto” all’aborto. Ma questa posizione è contraria sia ai Trattati dell’Unione Europea sia alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1948. Non esiste un solo accordo o convenzione internazionale che permetta di sostenere il “diritto” all’aborto. Non solo: la Corte Europea per i diritti dell’uomo (Cedu) ha stabilito che ogni Stato è libero di legiferare come meglio crede. Il che conferma che non si tratta di un “diritto” dell’uomo da tutelare. Ogni Paese europeo è libero di legiferare in modo autonomo su questa materia.
Che cosa vi preoccupa della proposta che verrà discussa a Strasburgo?
La proposta mira a favorire il “turismo abortivo”. Infatti prevede che una donna dovrebbe avere la possibilità, finanziata dall’Unione Europea, di recarsi in un altro Stato per sottoporsi all’aborto, se fosse impossibile ricorrervi nel proprio in base alle leggi vigenti. In altre parole, per esempio, i contribuenti della mia Malta – dove l’aborto è limitato a pochissimi casi di vero pericolo per la vita della donna – dovrebbero finanziare i viaggi di chi intende andare in un altro Paese per aggirare la legge nazionale. Ma se ogni Paese ha diritto di proibire o restringere il ricorso all’aborto, perché l’Unione Europea dovrebbe finanziare questo “turismo abortivo”?
Quale sarà l’iter di questa Iniziativa nelle istituzioni europee?
Dopo il dibattito all’Europarlamento, la vera partita si gioca tra la Commissione Europea e il Consiglio dei ministri della Ue, cioè i rappresentanti dei governi di tutti i Paesi europei. Non solo la Commissione Europea, presieduta da Ursula von der Leyen, non è obbligata a dar seguito alla iniziativa “My voice my choice”, ma una eventuale direttiva Ue in tal senso dovrebbe essere poi approvata sia dal Parlamento Europeo sia dal Consiglio dei ministri Ue. La nostra Federazione si farà sentire in tutte le sedi per convincere della impossibilità, proprio secondo le leggi della Ue, di approvare una simile proposta. Ricordo l’esito della nostra Iniziativa di cittadini europei “One of us”, promossa da Carlo Casini nel 2012, che mirava a proteggere gli embrioni umani dall’utilizzo nei laboratori per la ricerca scientifica: ottenne molte più firme (quasi un milione e 900mila, contro il milione e 100mila di questa abortista), ma non venne nemmeno discussa al Parlamento Europeo e fu rigettata dalla Commissione nel 2014 perché c’erano già decisioni prese al riguardo. Fu un esempio di palese pregiudizio, ma non ci siamo lasciati scoraggiare: riceviamo tantissimi messaggi di sostegno alla nostra posizione. In più, abbiamo una squadra competente di giuristi pronti a impugnare eventuali decisioni pro aborto.
Lei parla di pregiudizi nella Ue. Che cosa fa la Federazione per combatterli?
A metà ottobre abbiamo organizzato una conferenza, portando a Bruxelles oltre 300 giovani ad ascoltare spiegazioni e testimonianze. Anche quella di cinque donne che hanno raccontato come la loro dolorosa scelta di abortire fosse stata “non libera”: piangevano ricordando le circostanze economiche, o sociali, o anche i pareri dei consulenti medici che le indirizzarono verso l’interruzione di gravidanza, senza offrire alcuna alternativa ai loro problemi. Non si può chiedere all’Unione Europea di finanziare l’aiuto all’aborto: bisognerebbe piuttosto sostenere le “Case per la maternità”, come quelle che abbiamo qui a Malta (ma anche in altri Paesi europei), che ospitano donne in difficoltà di fronte a una gravidanza difficile. Credo che Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi (i principali ispiratori dell’idea di un’Europa unita, ndr) sarebbero scandalizzati se vedessero l’Unione Europea favorire l’interruzione di gravidanza.
Anche la scienza dovrebbe aiutare a mostrare la realtà dell’essere umano nell’utero materno. Perché invece questo discorso viene considerato solo figlio di un’idea religiosa?
Il discorso sull’aborto trascende le religioni. Ci sono anche molti laici, e non credenti, che sono contrari all’aborto. L’aspetto scientifico viene spesso trascurato perché ormai dimostra che l’embrione e poi il feto sono “uno di noi”, in modo incontrovertibile. Ed esistono medici che eseguivano aborti che si sono convertiti, proprio perché hanno visto e capito che quegli interventi distruggevano esseri umani. Anche il principio di lasciare la “libera scelta” e non intromettersi nella coscienza altrui non ha senso: «Non lo farò mai – si sente dire – , ma non impedisco ad altri di farvi ricorso». È come dire di essere contrari a possedere uno schiavo ma di lasciare gli altri liberi di averli se lo vogliono. L’aborto è un male non perché è condannato dalla Chiesa, ma è condannato dalla Chiesa perché è un male.
E dal punto di vista culturale, perché si fa tanta fatica a promuovere la vita?
Ci opponiamo a questa “Iniziativa” abortista sia per un motivo di principio sia per ragioni giuridiche. Ma ci sono anche spiegazioni economiche e di utilità sociale: nell’inverno demografico che caratterizza l’Europa è contraddittorio finanziare l’eliminazione di esseri umani, anziché promuovere le nascite e sostenere la maternità in tutti i modi. A Malta la nostra “Life Network” offre anche ospitalità a madri in grandi difficoltà di fronte a una gravidanza inattesa. Sono queste le iniziative che ci aspettiamo che l’Unione Europea finanzi: a favore della vita, il primo dei diritti.
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