Figli senza papà, scelta degli adulti sulla pelle dei bambini
La sentenza della Corte costituzionale sulle “due mamme” (biologica e “intenzionale”) apre importanti interrogativi su come si fa cambiare la genitorialità a prescindere dai veri diritti dei minori

La Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 8 della legge 40, e ha dichiarato sostanzialmente identici ruoli e istanze delle due madri: gestazionale e intenzionale, e in questo modo ha reso identiche cose, situazioni e contesti che di per sé non lo sono. La Consulta ha assimilato parole che descrivono situazioni e condizioni diverse, creando confusione tra le parole e le realtà che descrivono. Se madre gestazionale identifica una e una sola delle due figure materne, madre intenzionale può a buon diritto essere predicato di entrambe. Non si può certo dire, infatti, che la madre gestazionale non sia al tempo stesso madre intenzionale, mentre non è vero il contrario.
Il fatto che una delle due donne abbia dato un consenso previo alla procreazione medicalmente assistita è comunque ambiguo, perché il suo consenso riguarda l’impiego di spermatozoi che non le appartengono a nessun titolo e che non saranno utilizzati per fecondare un suo ovulo. È facile chiedersi di che tipo di consenso si tratti e a cosa corrisponda. E in questo c’è una flagrante contraddizione tra ciò che posso autorizzare, senza che mi appartenga, e ciò di cui prendo atto perché rappresenta un fatto a cui altri hanno dato il loro consenso.
La Corte costituzionale ha seguito un filo logico che sembra coerente, per cui vale la pena ripercorrerlo punto per punto, nonostante nasconda un vulnus che con il tempo mostrerà i suoi effetti contraddittori. Primo tra tutti aver legittimato l’assenza del padre e aver uniformato il ruolo delle due donne. Per semplificare la narrativa di questa sentenza così stupefacente vale la pena schematizzare tre passaggi:
1. L’attuale sentenza della Corte parte da una precedente sentenza, la n. 272 del 2017, in cui si afferma che per tutelare il bambino concepito con fecondazione eterologa occorre tutelare anche i diritti di chi si impegna ad accoglierlo, assumendosene le relative responsabilità (Tutela del nucleo familiare).
2. Nel punto 8.3 dell’attuale sentenza c’è un esplicito riferimento all’unicità dello stato di figlio, quale principio ispiratore della intera riforma della filiazione: tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, indipendentemente da come siano nati, all’interno del matrimonio, fuori del matrimonio, adottati. Tutti debbono godere della stessa considerazione, per cui secondo l’attuale sentenza il carattere omosessuale della coppia che ha avviato il percorso genitoriale in questione non può costituire impedimento allo stato di figlio riconosciuto per il nato (ribaltamento del nucleo familiare e omologazione dei diversi ruoli)
3. L’orientamento sessuale, secondo l’attuale sentenza, «non evoca scenari di contrasto con princìpi e valori costituzionali» (sentenza n. 32 del 2021), né «incide di per sé sull’idoneità all’assunzione di responsabilità genitoriale» (sentenza n. 33 del 2021). La sentenza sostiene che non c’è alcuna dimostrazione scientifica che metta in dubbio la capacità di una coppia omosessuale a prendersi cura di un figlio (mancanza di evidenze scientifiche documentate con procedure scientificamente rigorose).
1. L’attuale sentenza della Corte parte da una precedente sentenza, la n. 272 del 2017, in cui si afferma che per tutelare il bambino concepito con fecondazione eterologa occorre tutelare anche i diritti di chi si impegna ad accoglierlo, assumendosene le relative responsabilità (Tutela del nucleo familiare).
2. Nel punto 8.3 dell’attuale sentenza c’è un esplicito riferimento all’unicità dello stato di figlio, quale principio ispiratore della intera riforma della filiazione: tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, indipendentemente da come siano nati, all’interno del matrimonio, fuori del matrimonio, adottati. Tutti debbono godere della stessa considerazione, per cui secondo l’attuale sentenza il carattere omosessuale della coppia che ha avviato il percorso genitoriale in questione non può costituire impedimento allo stato di figlio riconosciuto per il nato (ribaltamento del nucleo familiare e omologazione dei diversi ruoli)
3. L’orientamento sessuale, secondo l’attuale sentenza, «non evoca scenari di contrasto con princìpi e valori costituzionali» (sentenza n. 32 del 2021), né «incide di per sé sull’idoneità all’assunzione di responsabilità genitoriale» (sentenza n. 33 del 2021). La sentenza sostiene che non c’è alcuna dimostrazione scientifica che metta in dubbio la capacità di una coppia omosessuale a prendersi cura di un figlio (mancanza di evidenze scientifiche documentate con procedure scientificamente rigorose).
A questo punto la figura paterna è esclusa dalla dinamica genitoriale e il quesito che emerge con prepotenza è quale sia il vero interesse del bambino. Possono madre gestazionale e madre intenzionale supplire all’assenza della figura paterna? E la dinamica tra le due figure materne è tanto più credibile quanto più sono assimilate l’una all’altra o quanto più sono differenziate? È ragionevole affermare che una madre è quella gestazionale e l’altra è la madre adottante, che per affetto e per solidarietà offre alla madre gestazionale e al figlio adottato tutte le cure necessarie a supplire alla carenza della figura paterna?
Forse nella recente sentenza sarebbe stato più chiaro e più semplice riconoscere la diversità di ruoli e condizioni tra le due donne, riconoscendo l’assenza della figura paterna, come un vulnus: avrebbe evitato forzatura e ambiguità, che contraddicono alle più elementari leggi di natura, per cui ogni bambino nasce dalla stretta collaborazione madre-padre, ma poi per vicende complesse e non sempre prevedibili, può supplire alla mancanza della figura paterna con modalità diverse di capacità di cura e di amore. Diverse e non assimilabili, ma in alcuni casi necessarie per fronteggiare situazioni impreviste e imprevedibili. La mancanza del padre riguarda una scelta delle due donne ma non il maggior interesse del bambino. La libertà di scelta è la loro, non quella del bambino, e lo stesso bambino un giorno potrebbe chiederne conto e non essere affatto d’accordo, lamentando la mancanza del padre, anche se potrebbe comunque riconoscere di essere stato amato da entrambe.
Tanto amore, ma non tutto l’amore che il bambino avrebbe potuto desiderare, proprio per una specificità diversa legata alle due diverse figure genitoriali. Una richiesta che può esplodere anche tardivamente, per esempio nel momento dell’adolescenza. Il rischio dell’adolescenza è sempre in agguato, con il disagio psicologico che porta con sé, con la fatica di chi non si sente capito e si sente defraudato di un diritto che pensava gli spettasse per diritto di nascita. Negare la specificità della richiesta in quel momento, non riconoscere la peculiarità del loro disagio, può pregiudicare il bambino, il ragazzo, l’adolescente anche tardivamente. Saperlo fin da subito è un fatto di prudenza e di realismo educativo.
*Ex parlamentare, neuropsichiatra infantile
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