Disforia, pochi dati ma l'approccio medico ignora la psicoterapia

In commissione alla Camera il ddl del governo per regolare l'uso dei farmaci. Alcuni esperti temono gli ostacoli alle cure, altri chiedono maggior prudenza prima di trattamenti irreversibili
December 23, 2025
Disforia, pochi dati ma l'approccio medico ignora la psicoterapia
Concepts of gender equality. Hand flip wooden cube with symbol unequal change to equal sign Scacco macco alle differenze? Risultato ancora lontano soprattutto se non si interviene in modo determinato nella formazione
Alla XII commissione Affari sociali della Camera è in corso l’esame del disegno di legge (ddl) 2575 sull’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere, lo stato di sofferenza lamentato da persone che non si riconoscono nel sesso biologico assegnato alla nascita. Il testo, di iniziativa dei ministri della Salute Orazio Schillaci e della Famiglia Eugenia Roccella, riguarda una materia delicatissima, che negli ultimi decenni ha avuto un aumento di attenzione (e di diagnosi) con risposte diverse, che risentono della difficoltà ad avere dati scientificamente fondati, e dibattiti accesi anche a livello internazionale. Fa riflettere però che il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), realizzato dalla Società psichiatrica americana, punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo, segnalava nell'edizione del 2013 che la prevalenza di adulti maschi con disforia di genere variava tra 0,005 e 0,014%. 
Il mese scorso la Nuova Zelanda si è aggiunta ai Paesi che hanno scelto un approccio molto prudente: il governo di Wellington infatti ha deciso di bloccare ogni nuova prescrizione medica di farmaci ormonali per inibire la pubertà per giovani transgender, almeno fino alla pubblicazione nel 2031 dei dati della revisione in corso nel Regno Unito. E più recentemente negli Stati Uniti il segretario alla Salute, Robert F. Kennedy jr ha proposto di tagliare i finanziamenti agli ospedali che forniscono cure per la transizione di genere (farmaci e chirurgia) ai minorenni, sostenendo che non sono né sicure né efficaci e comporterebbero rischi medici duraturi sui minori stessi.
Nelle scorse settimane, mentre in commissione alla Camera si sono svolte le audizioni di esperti (psichiatri, bioeticisti, psicologi, endocrinologi, avvocati, sociologi, ma anche attivisti dei movimenti trans), otto società medico-scientifiche e associazioni hanno espresso perplessità sul ddl del governo. D’altra parte GenerAzioneD, associazione culturale fondata da genitori che si sono trovati ad affrontare figli adolescenti che si sono improvvisamente identificati come trangender (e che si mantiene aggiornata sull’evoluzione degli studi), ha difeso l’impostazione del testo.
Il disegno di legge è composto di soli tre articoli. Il primo prevede che la somministrazione di farmaci (attualmente la triptorelina) che hanno l’effetto di bloccare la pubertà nei minorenni con diagnosi di disforia di genere possa essere effettuata dopo «diagnosi di una équipe multidisciplinare» e presentando «esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici svolti». La somministrazione di farmaci dovrà avvenire «nel rispetto dei protocolli adottati dal ministero della Salute », dopo l’acquisizione del consenso informato, che per i minorenni è disciplinato dall’articolo 3 della legge 219/2017. In attesa dei protocolli ministeriali, la somministrazione dovrà essere autorizzata dal comitato etico a valenza nazionale per le sperimentazioni cliniche (articolo 2 legge 3/2018). L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) dovrà istituire un registro delle prescrizioni e dispensazioni di tali farmaci, che possono essere distribuiti solo dalle farmacie ospedaliere. Tale registro dovrà contenere non solo tutto il percorso diagnostico che ha condotto alla prescrizione dei farmaci, ma anche il monitoraggio clinico e gli esiti successivi (follow up). Di tale registro, Aifa fornirà al ministero un rapporto semestrale.
L’articolo 2 prevede l’istituzione di un tavolo tecnico presso il ministero della Salute per valutare tale rapporto Aifa. Di questo tavolo faranno parte rappresentanti del ministero della Salute, dell’Autorità politica delegata per la famiglia e cinque esperti nominati da questi stessi enti. Il ministero della Salute ogni tre anni presenterà alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della legge, con gli esiti del monitoraggio svolto sulla base dei dati del registro istituito da Aifa. L’articolo 3 stabilisce che la legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (ai componenti del tavolo tecnico non spettano compensi né gettoni di presenza né rimborsi spese).
Con un comunicato congiunto, otto società scientifiche e associazioni interessate alla “identità di genere” hanno criticato il ddl 2575, auspicandone una revisione «in accordo con le indicazioni del Consiglio d’Europa». Si tratta di: Associazione culturale pediatri (Acp), Federazione italiana di sessuologia scientifica (Fiss), Osservatorio nazionale identità di genere (Onig), Società italiana di andrologia e medicina della sessualità (Siams), Società italiana di endocrinologia (Sie), Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp), Società italiana ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza (Sigia), Società italiana Genere, identità e salute (Sigis).
Le otto realtà chiedono di riferirsi alle linee guida della Endocrine Society del 2017, a quelle del 2025 della Società tedesca per la psichiatria, psicosomatica e psicoterapia dell’infanzia e adolescenza, e alle indicazioni (2024) della Società europea di endocrinologia pediatrica e della Rete europea dedicata alle malattie endocrine rare (Endo-Ern). Lamentano che il ddl citi solo i Paesi che hanno rivisto in senso restrittivo i servizi sanitari dedicati a minori con disforia, trascurando quelli che li hanno confermati. Citano la raccomandazione del Consiglio d’Europa di garantire l’assistenza specifica a persone Tgd (transgender e gender diverse) «indipendentemente dall’età», mentre «il ddl rischia di limitare fortemente l’accesso alle cure sanitarie per persone minorenni Tgd». Infine chiedono che si utilizzi la determina Aifa del 2019 (seguita al parere del Comitato nazionale per la bioetica del luglio 2018) per regolare la prescrizione della triptorelina ai minorenni. Viceversa – chiude il comunicato – la previsione di un Comitato etico a valenza nazionale causerebbe «un grave rallentamento nell’accesso agli interventi medici laddove fosse necessario».
L’associazione GenerAzioneD ha osservato che il documento rappresenta la posizione di poche società scientifiche (sei) e – soprattutto – nessuna di ambito psicologico, psicoterapico e psichiatrico. Inoltre alcuni esponenti sono presenti in più società/associazioni accentuando l’impressione di un «circuito ristretto e autoreferenziale». Ancor più significativo, segnala GenerAzioneD, è il fatto che accanto ai documenti citati non vengano prodotti quelli di altre società europee di carattere pediatrico e psichiatrico dell’adolescenza, che «invitano alla massima prudenza nei trattamenti medicalizzati dei minori». Una prudenza che è da attendersi da società scientifiche: al contrario – lamenta GenerAzioneD – «il comunicato fa leva su un generico richiamo all’autodeterminazione» che, specie in questioni che riguardano i minori e trattamenti potenzialmente irreversibili, non può sostituire l’analisi clinica. L’impostazione delle 8 società/associazioni entra in corto circuito nel rivendicare l’esistenza di «evidenze scientifiche», senza produrre dati italiani su accessi, trattamenti ed esiti (perché di fatto non esistono, ndr), ma criticando un ddl che istituisce proprio un registro nazionale per raccogliere dati.
GenerAzioneD conclude che le 8 realtà scientifico-associative rappresentano «una posizione estremamente minoritaria e selettiva» del panorama medico-scientifico italiano e che l’assenza di riferimenti psico-terapeutici evidenzia «una visione prevalentemente endocrinologica e medicalizzante, non pienamente coerente con le indicazioni normative e bioetiche italiane». In più i riferimenti solo a fonti recenti, prive di follow up, ignorando invece le esperienze consolidate (per esempio Finlandia, Svezia e Regno Unito) basate sulla psicoterapia e sull’uso prudente dei trattamenti ormonali, «confermano un approccio opportunistico e frammentario». Non è questo, conclude GenerAzioneD, quanto serve a genitori e ragazzi in sofferenza «che hanno diritto a informazioni complete, coerenti e scientificamente fondate».

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