Da Loreto il nuovo “sì” dal popolo della vita
Nel santuario che custodisce il primo “fiat” 300 volontari del Movimento per la Vita da tutta Italia hanno celebrato cinquant’anni di impegno rilanciando una cultura accogliente. Dopo la città mariana, tappa a Jesi

Si torna alle radici, e non solo spirituali. Il luogo scelto non è casuale: la Santa Casa di Loreto, dove Maria ha detto il “sì” che ha cambiato la storia, diventa il grembo simbolico in cui il Movimento per la Vita rilegge la propria missione. «La Santa Casa ci ricorda che Dio entra nel mondo attraverso la piccolezza e la fragilità di un embrione, e Maria risponde: “Eccomi, sono la serva del Signore”. È questo il primo sì radicale alla vita della storia dell’umanità», ha ricordato l’arcivescovo Fabio Dal Cin nell’omelia della Messa di apertura. E ha aggiunto: «Mi piace pensare che in qualche modo il popolo del Movimento per la Vita sia un prolungamento del sì di Maria. Ma questo comporta anche che il sì alla vita sia un no radicale alla logica che trasforma le persone in usa e getta.

Che cosa significa, oggi, dire sì alla vita? Come tradurlo nelle sfide del nostro tempo, in una società che sembra smarrire il senso stesso della dignità infinita di ogni persona? La riflessione di Dal Cin illumina il cammino: «Ogni essere umano possiede una dignità ontologica, una dignità che nessuno può concedere e che nessuno può togliere, perché appartiene alla persona stessa». Tornare a questo fondamento – dignitas infinita – è l’urgenza del nostro tempo: riconoscere che ciascuno, dal più fragile al più invisibile, porta in sé un valore inalienabile che domanda di essere accolto, custodito e amato.

Nel saluto iniziale, la presidente nazionale Marina Casini ha offerto una ulteriore chiave di lettura: «Il riconoscimento della dignità infinita di ogni persona nasce e ha il suo punto di partenza nel riconoscimento della dignità del bambino non ancora nato. E questo genera una cultura nuova che riguarda tutti». Le sue parole hanno tracciato la linea di un impegno che non è soltanto assistenza, ma costruzione di un nuovo umanesimo, capace di generare relazioni e aprire futuro.
Con commozione, Casini ha rievocato i «fasci di luce» che hanno illuminato il cammino del Movimento in questi cinquant’anni: dall’impegno politico a quello educativo con i giovani, fino alla rete dei Centri di aiuto alla vita e delle Case di accoglienza. «Il punto più alto – ha detto – resta l’enciclica di san Giovanni Paolo II, Evangelium vitae del 25 marzo 1995, la cui preghiera finale, Maria, aurora del mondo nuovo, è sintesi e profezia del nostro impegno».
Ma i cinquant’anni del MpV sono fatti anche di volti e storie. Tocca allora a don Aldo Bonaiuto, dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, evocare la figura di don Oreste Benzi, che con passione inesauribile ha custodito la vita fragile delle madri e dei figli. E racconta con sorriso un episodio: i confratelli lo avevano pregato di non promettere più aiuti economici alle donne in difficoltà, ma lui, con la fantasia tipica dei santi e la creatività della carità, disse a una madre che voleva abortire: «Don Aldo vuole aiutarti economicamente e ti sosterrà per tutta la gravidanza». Il sacerdote dalla tonaca lisa dava risposte concrete. Quelle che i volontari sono soliti dare alle donne e ai loro figli senza squilli di tromba e con un grande sorriso sulle labbra.

Al termine della celebrazione, i partecipanti hanno potuto raccogliersi in preghiera nella Santa Casa. E proprio lì, toccando le mura che custodiscono il “fiat” di Maria, le domande si fanno più pressanti: come prolungare oggi quel sì che ha inaugurato la storia della salvezza?
Il convegno – che prosegue a Jesi con approfondimenti, testimonianze e momenti di formazione – si pone come occasione per ripensare il futuro del Movimento a partire dal messaggio del cardinale Zuppi, presidente della Cei, e godendo dell’incoraggiamento diretto di Leone XIV. Nel messaggio a firma del cardinale Pietro Parolin, letto all’inizio dei lavori, il Papa ha espresso «vivo apprezzamento per la coraggiosa opera» svolta nella promozione e per la tutela della vita umana, auspicando che l’evento contribuisca a suscitare «rinnovata attenzione al mistero dell’esistenza umana». Dalle pietre di Loreto, il popolo della vita riceve dunque una consegna chiara: non smettere di credere che «di un amore infinito possiamo fidarci», come soleva affermare il servo di Dio Carlo Casini, e che il “sì alla vita” resta il segno più eloquente della speranza.
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