Bambino Gesù, 50 anni di “cura della scuola”
Dai primi bambini nel 1975 al ciclo scolastico completo per i piccoli ricoverati e anche per i loro fratelli. Il racconto della “pioniera” Lucia Celesti

La “Scuola in Ospedale” del Bambino Gesù di Roma compie 50 anni. Traguardo raggiunto grazie alla dedizione quotidiana di un’équipe educativa che stimola a trasformare la malattia in occasione di crescita e speranza.
Dal lontano 1975, quando le prime aule aprirono nella sede del Gianicolo con due insegnanti pionieri, le cose sono molto cambiate. Con un team che oggi è di 80 docenti itineranti – che si adattano agli orari delle terapie e svolgono lezioni anche ai pazienti a letto – e un’offerta didattica personalizzata che copre ogni ordine e grado, la scuola è stata in grado di seguire negli ultimi 25 anni oltre 70mila alunni e, negli ultimi 5 anni, 65 studenti hanno potuto sostenere l’esame di terza media o conseguire il diploma di maturità.

In occasione della Giornata mondiale degli insegnanti del 5 ottobre, il presidente del Bambino Gesù Tiziano Onesti ringrazia quanti, tra le corsie del nosocomio, fungono oltre che da docenti anche da «guide, sostenitori e punti di riferimento per bambini e ragazzi che affrontano un momento impegnativo».
Quando 34 anni fa Lucia Celesti, responsabile dell’Accoglienza, ha iniziato a lavorare al Bambino Gesù, ricorda che c'era soltanto una piccola scuola elementare nella sede di Roma e una in quella di Palidoro, con due o tre insegnanti. Dal 1992 l’offerta si è ampliata con la scuola media e poi con i licei. Oggi la scuola di ogni ordine e grado è presente in tutti i presidi ospedalieri con ricovero. «La scuola è un gancio importantissimo con la vita – spiega Celesti –. Il percorso scolastico fa parte del percorso terapeutico. Qui i bambini ricevono cure che durano mesi, come trapianti o neuroriabilitazioni».

Avere l’opportunità di continuare a studiare durante la degenza significa, per i bambini, mantenere un legame con la propria vita normale e con il futuro perché evitano di perdere anni di scuola. Al Centro di cure palliative pediatriche l’attività si estende ai fratelli dei pazienti: «Qui – afferma Celesti – accogliamo bambini inguaribili, ma sempre curabili, spesso provenienti da altre regioni o altri Paesi. Offrire continuità educativa anche ai fratelli è un modo per sostenere tutta la famiglia nel percorso difficile della malattia». Tra i tanti piccoli degenti conosciuti ricorda un bambino arrivato in Italia da un Paese africano dilaniato dalla guerra, vittima di gravi ferite alle gambe. Dopo un lungo percorso di cure e riabilitazione, confidò a una meravigliata Celesti che «la scuola è stata la cosa migliore del ricovero». Lei pensava che, una volta dimesso, il bambino avrebbe esternato la gioia di non aver perso l’uso delle gambe: le spiegò invece quanto la scuola fosse stata importante perché aveva imparato italiano, inglese e spagnolo: «Potrò così avere un lavoro e comunicare con tante persone», le disse lasciando l’ospedale.

La scuola, dunque, si conferma non solo strumento educativo ma anche potente veicolo di integrazione e pace. «Ho visto bambini di tutte le nazionalità e religioni lavorare insieme, avvicinarsi e creare un ponte fra culture diverse» dichiara la responsabile dell’accoglienza. Il Covid ha contribuito ad accelerare l’innovazione, integrando lezioni a distanza e percorsi di alfabetizzazione per famiglie straniere. Tra le iniziative più significative c’è il progetto “Competenze Trasversali” che «permette agli studenti degli ultimi anni di liceo di fare un’esperienza lavorativa pratica all’interno dell’ospedale, nel settore infermieristico o nelle case di accoglienza».
Il progetto di Fondazione Avvenire per l’Ospedale Bambino Gesù
È da questo desiderio di accompagnare le famiglie nel momento più difficile che nasce il progetto “Da famiglia a famiglia”, promosso da Fondazione Avvenire e Fondazione Bambino Gesù. Ogni anno, oltre 4.000 famiglie si trasferiscono a Roma per affrontare la malattia del proprio figlio. Con questo progetto puoi offrire ad almeno 40 di loro un alloggio gratuito, un sostegno quotidiano, ascolto e soprattutto la possibilità per i bambini di continuare a studiare anche mentre affrontano cure difficili. Perché restare bambini, anche in ospedale, è parte della guarigione.
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