Su carta lucida
August Sander era nato povero: il padre, carpentiere in un villaggio della Renania, aveva una piccola fattoria, e il figlio presto dovette andare a lavorare in miniera. Lì, sottoterra, spiò il lavoro di un fotografo ufficiale chiamato a documentare il lavoro sottoterra. Senza parlarne a nessuno, cominciò a sognare la sua futura professione. La vita lo aiutò – uno zio facoltoso, un buon matrimonio, l’ascesa sociale, una cultura acquisita tardi ma conquistata, da autodidatta. Fotografo d’arte, conobbe una svolta nel lavoro dopo la guerra, nel 1922. Sino ad allora aveva rispettato i canoni tradizionali, facendo fotografie che avevano sfondi predefiniti, anch’essi, come i soggetti, “in posa”. Nel 1922 invece, era nel suo studio quando gli venne l’idea di sviluppare un vecchio negativo fotografico, il ritratto di un contadino risalente a prima della guerra, su una particolare carta lucida, di solito usata per lo sviluppo tecnico. Il risultato fu strabiliante per esattezza: ogni dettaglio del volto di quel contadino era restituito nella sua verità, in nulla abbellito, in nulla imbruttito. Nasceva così la “fotografia esatta” come la battezzò lo stesso August Sander, da allora, a partire da quel giorno di folgorazione, grande fotografo sociale. © riproduzione riservata
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