Storia di un diminutivo
Intorno ai vent’anni, Sigmund Freud decise di attribuirsi il diminutivo di Sigmund. Dai suoi genitori era stato registrato all’anagrafe come Sigismund Schlomo. “Schlomo” in ebraico significa “saggio”: c’era autorevolezza, ma anche troppa solennità in quel nome di cui, giovane adulto,
Intorno ai vent’anni, Sigmund Freud decise di attribuirsi il diminutivo di Sigmund. Dai suoi genitori era stato registrato all’anagrafe come Sigismund Schlomo. “Schlomo” in ebraico significa “saggio”: c’era autorevolezza, ma anche troppa solennità in quel nome di cui, giovane adulto, lui sentì il bisogno di liberarsi. Fu per Freud un momento di forte libertà e di autodeterminazione. Suo padre, Jacob Freud, era un ebreo commerciante di lana che con la famiglia si era trasferito a Vienna da un piccolo villaggio ceco quando Sigismund (futuro Sigmund) aveva solo quattro anni.
Vivere in una grande capitale certo aiutò Freud nel suo cammino di emancipazione, un cammino costellato di moltissime letture (bibliche soprattutto) per distanziarsi dagli insegnamenti più pragmatici del padre. In campagna, quella libertà è probabile che non se la sarebbe data mai. Nel nuovo nome dato a se stesso c’è in miniatura la portata di autonomia delle sue scelte future. Studiare medicina, poi zoologia, poi il sistema nervoso animale, poi gli studi sull’isteria, giù giù sino alla scoperta formidabile della psicoanalisi. Punto di partenza, quella libertà data a sé stesso con l’auto-battezzarsi con altro nome.
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