Isola senza memorie
C’era nel più grande centro abitato di Paros, isola delle Cicladi, un caffè. Lo gestiva una donna da sola, senza aiutanti. Lei da sola preparava bevande e aperitivi accompagnati da deliziosi piattini di polipo arrostito, lei veniva a servirli ai tavoli disposti sulla piazzetta di fronte al mare. Era una donna minuta e molto magra, con una pelle bianca e lentigginosa che spiccava tra tante facce scurite dal sole; tenuti sciolti e ben pettinati aveva lunghi, liscissimi capelli di un castano rosso. Era originaria di Brighton, in Inghilterra, la sentii raccontare a un cliente del caffè. Durante la mia vacanza presi l’abitudine di tornare in quel locale ogni sera. Da lontano la osservavo lavorare instancabile, senza aiutanti, servire ai tavoli e rivolgere ai clienti sorrisi rapidi, senza espressione. Qualcosa di lei agiva come un richiamo, ero incuriosita, desiderosa di sapere di lei. Ebbi notizie per caso, da qualcuno che la conosceva bene. Dieci anni prima aveva perso figlio e marito in un incidente d’auto accaduto mentre lei placida li aspettava a casa. Poche settimane poi aveva deciso. Venduto tutto era arrivata lì, su quell’isola per lei senza memorie. I sorrisi inespressivi, lo stancarsi senza sosta e senza appoggiarsi su nessuno, erano racconto del suo tormento segreto: del suo lutto senza consolazione. © riproduzione riservata
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