“Vance in Vaticano mi fa pensare” Ma non c’è solo il bianco e il nero

April 24, 2025
Caro Avvenire, condivido alcune mie considerazioni sulla partecipazione della famiglia Vance alla liturgia del Venerdì Santo in San Pietro. Rifletto sulla testimonianza della propria fede che una famiglia fornisce a un mondo secolarizzato. Soffro perché ai Vance è stato riservato un posto eminente come non accadrebbe per uno dei tanti poveri amati da Francesco. Alimenta poi il mio disagio il silenzio di Vance su Gaza e le parole senza rispetto né senso riservate agli ucraini e agli europei. Carmine Meoli Cautano (Benevento) Caro Meoli, la sua non è l’unica lettera giunta in redazione sulla presenza di JD Vance con la moglie Usha Bala Chilukuri e i tre figli ai riti pasquali in San Pietro. Politicamente, si può dissentire dalle posizioni espresse dal vicepresidente degli Stati Uniti, e per quel che vale l’ho fatto anch’io a proposito del discorso che pronunciò alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco il 14 febbraio scorso proprio sull’Europa. Tuttavia, il fatto che da cattolico non nasconda la propria fede e abbia manifestato il desiderio di essere alle celebrazioni del Triduo mi pare una circostanza positiva o, almeno, non meritevole di critica. Dato il suo ruolo istituzionale, è poi normale che gli sia stato riservato un posto di riguardo secondo il cerimoniale diplomatico consueto. Certo, si può notare che lo stile americano è diverso da quello europeo per quanto riguarda la separazione fra le convinzioni religiose personali e la sfera pubblica. Ma anche questa non è una novità. Vale allora la pena di ripercorrere brevemente il percorso spirituale della famiglia Vance, per quanto i coniugi hanno raccontato (com’è ovvio, nessuno può speculare o giudicare dei sentimenti profondi altrui). JD Vance, cresciuto in un contesto cristiano riformato particolare (descritto nel suo libro Elegia americana) e successivamente ateo durante gli anni universitari, ha riscoperto la fede cristiana anche grazie al dialogo con Usha, sua compagna di studi. Nel 2019 ha abbracciato il cattolicesimo ricevendo i sacramenti. La moglie, originaria dello Stato indiano dell’Andhra Pradesh, è una praticante dell'induismo, cresciuta in un contesto molto religioso. Il matrimonio tra Usha Bala Chilukuri e JD Vance, celebrato nel 2014 in Kentucky, è stato una cerimonia interreligiosa: un amico dello sposo ha letto un passo della Bibbia, mentre un pandit hindu ha benedetto la coppia. Usha oggi partecipa alla Messa domenicale con il marito e i loro tre figli, che i genitori hanno deciso di crescere nella fede cattolica, senza imposizioni. Viene quindi il tema delicato dalla coerenza tra parole e comportamenti, particolarmente significativo per una figura di vertice del governo. Vance è un protagonista attivo di tutti i provvedimenti assunti finora da Donald Trump, a partire dalle dure restrizioni in tema di immigrazione fino ai tagli al welfare e agli aiuti umanitari internazionali, capitoli dolorosi sui quali il dissenso dei vescovi americani, e del Papa stesso, è stato netto. Il vicepresidente Usa ha provato a giustificarli a partire da una prospettiva non banale, eppure controversa se forzata negli ambiti in questione. Vance sembra infatti ispirarsi alla visione teologica agostiniana che enfatizza una gerarchia dell'amore e delle responsabilità morali, detta ordo amoris. Ciò implica che si debba dare priorità alla cura e ai doveri verso la propria famiglia, comunità e nazione, prima di estenderli a estranei o a persone di altri Paesi. In questo senso, sarebbe moralmente corretto occuparsi prima dei propri concittadini. Ma l’insegnamento di Gesù e della Chiesa è in primo luogo universalistico, rivolto verso tutti senza distinzioni: il Buon Samaritano che soccorre lo sconosciuto appartenente a un’altra comunità riassume il comandamento pratico dell’amore, come ha sottolineato Francesco in una lettera all’episcopato americano. Di fronte al contrasto con il Papa e la gerarchia sui fondamenti dell’agire cristiano (non cosa da poco), Vance ha semplicemente detto di essere ancora un cattolico «principiante». Il numero due della Casa Bianca, però, è un pro-life, difensore della libertà di religione, critico delle teorie gender e non timido testimone della propria fede. Per questo, il colloquio con il cardinale segretario di Stato vaticano Parolin ha evidenziato convergenze e divergenze, e il Papa lo ha pur in breve incontrato domenica (tristemente, l'ultimo colloquio del grande Pontefice). Vance, nel bene e nel male, avrà un peso rilevante nel quadriennio ed è già, lui quarantenne, il potenziale successore di Trump. Le sue scelte future saranno un elemento da considerare nell’evoluzione del rapporto tra cattolicesimo e politica in questi anni. Un tema chiave su cui continuare a riflettere in chiave italiana e internazionale, come lei giustamente osserva, caro Meoli, e forse qualche volta anche fonte di motivate sofferenze. © riproduzione riservata

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