«Regola dei 40 anni nello sport» Tante eccezioni, una lista di star

June 16, 2025
Caro Avvenire, lo sport ad altissimi livelli vive di cicli e di momenti. Non si possono sfornare continuamente talenti, top player e campioni. Nel tennis abbiamo dovuto attendere oltre 40 anni per avere un giocatore di primissima fascia. Lo stesso nell’atletica: dopo Pietro Mennea sono passati 40 anni per ammirare Marcell Jacobs, mentre nel mezzofondo fatichiamo ancora a trovare gli eredi di Alberto Cova. Fa parte del gioco. Certo, le federazioni sportive hanno grandi responsabilità nel reclutamento, nella gestione e nell’organizzazione tecnica dei vari settori, ma – ribadisco – il campione, il predestinato, il numero uno nasce ogni 40 anni. Giuseppe Focone Caro Focone, nel clima plumbeo delle guerre che ci precipitano in un cupo dolore per le vittime e nell’ansia per il futuro di tutti, prendiamoci cinque minuti di serenità per una disputa che risulta più leggera ma certo non futile. Lo sport fa parte della nostra vita. Anzi, spesso ne è una parte significativa. Lo ha ricordato domenica Papa Leone, sottolineando quanto sia prezioso per la formazione umana e il dialogo fra i popoli. Lo sport può così tanto che anche la politica e i belligeranti cercano di reclutarlo strumentalmente, come accadde con i boicottaggi olimpici (l’ultimo a Los Angeles 1984) e, di recente, con l’esclusione delle squadre e degli atleti russi e bielorussi da tante competizioni internazionali. Veniamo dunque alla sua “legge dei 40 anni”. Dovremo attendere otto lustri per una nuova Federica Pellegrini? O per un’altra Federica Brignone? Si tratta di una descrizione affascinante della successione dei talenti, ma come molte volte succede nelle cose umane le eccezioni sono numerose quasi quanto i casi che confermano la regola. Dopo Valentino Rossi (nato nel 1979) abbiamo a meno di vent’anni Pecco Bagnaia (1997), già bi-campione del mondo in Moto GP, seppure non ancora ai livelli del grandissimo pilota di Tavullia, il Dottore dalla guida inimitabile. Nel calcio si è manifestata per decenni sui campi una rapida successione di fuoriclasse. Questo è un esercizio che lascio agli appassionati, non senza arrischiarmi qui in una piccola lista per cui sarò bacchettato dagli esperti: Bergomi (anno di nascita, 1963); Mancini (1964); Baggio (1967); P. Maldini (1968); Nesta (1976); Buffon (1978); Chiellini (1984); Bonucci (1987). La scherma ci regala assi della pedana a ripetizione, sia in campo femminile con Trillini, Vezzali, Granbassi, Di Francisca, Errigo e Fiamingo, sia in campo maschile grazie a Cipressa, Cassarà, Montano, Samele e Garozzo (solo per citare i più vincenti). Certo, si può dire che vi sono fuoriclasse irripetibili. Uno di questi è Alberto Tomba. Emerse con la sua prima vittoria nel 1987, solo un decennio dopo l’ultimo successo in Coppa del Mondo di un altro fenomeno dello sci alpino, Gustav Thoeni. Vi sono, poi, discipline sportive per le quali i 40 anni sono ampiamente superati. Per esempio, nell’automobilismo, finita l’era del mitico Alberto Ascari e di Giuseppe Farina, capaci di vincere titoli iridati in F1 negli anni Cinquanta, in pista per i nostri colori si sono visti ottimi piloti con risultati per nulla eclatanti, sebbene ora si sia accesa la luce del diciottenne Andrea Kimi Antonelli. Insomma, caro Focone, per avere tanti praticanti contano le tradizioni, la popolarità della disciplina, l’esempio di un atleta affermato che attira i giovanissimi. Se la base è vasta, ottenere qualcuno che primeggi è più facile, tuttavia per nulla scontato. Il cosiddetto predestinato, invece – sono d’accordo con lei – rappresenta un fiore raro che può sbocciare tanto nel deserto quanto tra mille agguerriti compagni. Rimane il fatto che a guardare bene anche i predestinati devono avere dedizione e volontà di sudare in allenamento. Nemmeno il genio puro alla Maradona si afferma senza preparazione. Questo ci dice che i talenti si possono in parte coltivare attraverso una buona politica sportiva e allenatori dotati di capacità sopra la media. Le leggende, infine, sono il frutto di circostanze particolari e di narrazioni che li consacrano in modo unico. Se lo scrittore David Foster Wallace ha cantato con virtuosismo letterario le gesta di Roger Federer, e Gay Talese ha scolpito la figura di Joe DiMaggio dopo il suo ritiro, speriamo che pure Jannik Sinner trovi un giorno per le sue future vittorie un autore che lo celebri come merita. © riproduzione riservata

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