Manifestare per Gaza ha un valore Manteniamo pressione per la pace

September 26, 2025
Caro Avvenire,
spiace vedere sulla prima pagina la foto a colori dei disordini provocati dai soliti pochi facinorosi a Milano, a fronte delle altre migliaia di pacifiche persone la cui immagine si sarebbe dovuta pubblicare a fianco, e non in bianco e nero in pagina interna. Pochi violenti fanno notizia, tanti pacifici no?
Attilio Letari
Caro Avvenire,
l’unica soluzione per la diatriba Gaza-Tel Aviv non è due popoli e due stati, bensì due popoli e due democrazie. In Israele, c’è un governo democraticamente votato ed eletto. Sull’altro versante non è lo stesso, da quasi 20 anni è al potere Hamas, un gruppo terroristico dei cui leader, alcuni nascosti all’estero, a volte non si conoscono nomi né volti. Finché ci sarà Hamas ogni tentativo di pace o di riconoscimento della Palestina sarà vano.
Giuseppe Focone
Cari lettori,
quella di Gaza è una ferita che non smette di sanguinare e reclama di essere curata con la massima urgenza. Ogni momento in cui noi possiamo permetterci di confrontarci e discutere senza rischi per la nostra incolumità, nella Striscia qualcuno muore per azioni militari o mancanza di sostentamento vitale. Il grido di pace dei vescovi italiani riuniti a Gorizia segnala la necessità di agire subito per mettere fine all’eccidio di civili nella Striscia. A tutto questo non è indifferente una parte significativa dell’opinione pubblica italiana, una rappresentanza della quale è scesa in piazza lunedì scorso. Si tratta di un segnale importante che “Avvenire” non ha certo minimizzato.Purtroppo, gruppi di teppisti hanno in parte macchiato – senza responsabilità alcuna della maggioranza dei manifestanti – i cortei di Milano e Bologna. Il fatto che vi siano stati feriti (in prevalenza fra le forze dell’ordine) e danneggiamenti di beni pubblici ha reso quegli incidenti una notizia che si imponeva alle cronache del giorno. Detto questo, alcuni importanti media italiani, fra cui certamente questo giornale, stanno svolgendo senza sosta un’opera di documentazione e sensibilizzazione sulla tragedia in corso che ha favorito la mobilitazione delle coscienze e spinto anche la premier Giorgia Meloni a cercare di riportare la posizione del governo più in sintonia con il sentimento della società civile. E ciò richiama il ruolo fondamentale dell’informazione di qualità, un bene da difendere con determinazione. Dopodiché, caro Letari, possiamo riconoscere che in un giornale ideale, con più spazio in prima pagina, una doppia fotografia poteva pure starci. Il rischio, tuttavia, è di perderci in temi secondari e non vedere l’emergenza.È vero, caro Focone, che a Gaza, e non in tutta la Palestina – nella Cisgiordania vige l’amministrazione dell’Anp – Hamas ha imposto un regime tutt’altro che liberale dopo avere vinto le elezioni, ma il riconoscimento di uno Stato è più largo delle singole forze politiche che in un momento specifico sono al potere. La democrazia rimane sempre la forma di governo preferibile, eppure non “disconosciamo” uno Stato, già ammesso all’Onu, quand’anche esso cada preda di una dittatura, come è successo non di rado. Oggi si tratta di trovare tutte le modalità utili e praticabili per difendere un intero popolo sotto attacco e premere su Israele perché interrompa una guerra che ha ampiamente raggiunto gli obiettivi militari legittimi, ovvero la disarticolazione della minaccia armata dei fondamentalisti palestinesi.Ben vengano, allora, le marce (senza infiltrati) e le azioni di protesta (non violente). Ero a Londra nei giorni scorsi, e un gruppo di studiosi si sorprendeva di apprendere che in Italia fosse in corso uno sciopero a favore di Gaza. L’esecutivo di Keir Starmer ha riconosciuto la Palestina, ma nella capitale inglese l’ultima grande adunata si è avuta per opera dei nazionalisti bianchi contro l’immigrazione. Non lasciamo dunque che frange intolleranti e distinguo politici frenino le pressioni affinché l’Europa unita, Italia compresa, dispieghi finalmente una diplomazia energica per fermare la guerra nella Striscia. Persino il sì sulla carta a uno Stato palestinese non laverà le nostre coscienze se assisteremo inerti ai massacri e non cercheremo di fare, ognuno per quanto gli è possibile, per mettere a tacere le armi.

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