Il “tradimento” degli Stati Uniti e come rilanciare dal basso la Ue
Caro Avvenire, accolgo e sostengo l’invito della premier Giorgia Meloni all’unità dell’Europa in una situazione di crescente difficoltà amplificata dal cambio di posizione di Washington a favore del Cremlino. Davanti a un attacco così chiaro alle istituzioni europee, non si può essere titubanti. Cristiano Martorella Caro Avvenire, in occasione della manifestazione per l’Europa del prossimo 15 marzo, lanciata da Michele Serra, propongo che chiunque non potrà partecipare esponga alla propria finestra la bandiera blu europea con le dodici stelle. Un modo per testimoniare il sostegno all’Europa, il legame con il luogo della libertà, della convivenza, della crescita. Luigi Alberto Weiss Senigallia (Ancona) Cari lettori, ogni giorno di questo 2025 rende più decisiva la capacità dell’Europa, intesa come Unione politica e ideale, di farsi un attore all’altezza delle sfide globali – inedite e imprevedibili – che le si pongono dinanzi. La character assassination andata in scena venerdì nello Studio Ovale, per usare il termine inglese ben noto a Donald Trump che l’ha messa in atto nei confronti di Volodymyr Zelensky, è qualcosa che mira a colpire l’intera Ue e non soltanto il presidente ucraino, divenuto uno scomodo ostacolo sulla via dell’inopinata distensione cercata da Washington con il Cremlino. L’attacco sistematico alla reputazione di un leader legittimamente eletto, con l’intento di screditarlo agli occhi del pubblico, è quello che accadrà anche agli altri Capi di Stato e di governo che cercheranno singolarmente di esprimere il proprio attivo dissenso verso la linea assunta dalla nuova Amministrazione Usa. È questo il motivo per cui l’Europa deve rimanere salda e compatta, compiendo uno sforzo di coesione e progettualità, dimostrandosi pronta a resistere alla Russia e in grado di dialogare alla pari con gli Stati Uniti. La coppia presidenziale americana è andata oltre la denigrazione di Zelensky. Il tycoon repubblicano e il suo vice JD Vance hanno orchestrato una delegittimazione che, dato il contesto bellico, può lasciare la sua vittima pericolosamente più sola ed esposta. Se Putin ha evitato, dopo i primi giorni di guerra, di colpire militarmente i vertici politici di Kiev, sapendo che il contraccolpo sarebbe stato molto negativo per lui, oggi potrebbe ritenere accettabile che un missile tra i più potenti e non intercettabili colpisca “per sbaglio” il leader ucraino, aprendo la strada alla propria vittoria nella guerra di invasione che Trump pare non voglia più fermare. Che cosa farebbe l’Europa in quel caso? Avrebbe il coraggio di frapporsi a quell’esito iniquo che le peserebbe sulla coscienza e sui confini, caro Martorella? Saprà fare passi rapidi e concreti per raccordare le proprie Forze armate sotto un comando unificato di fronte a una Nato a trazione Usa che potrebbe perdere peso e consistenza? Anche l’Italia si troverà presto nella condizione di dovere scegliere se continuare a fare buon viso al deragliamento degli Usa con un precario equilibrismo tra le due sponde dell’Atlantico o portare il suo cruciale contributo alla causa dell’autonomia e della coerenza con i suoi valori del Vecchio Continente (ma oggi candidato a essere il più giovane per democrazia). Il vertice di domenica a Londra ha lanciato segnali importanti, ma adesso tutto va concretizzato sul campo, spendendo e sfidando qualche malcontento. Per tutto questo servono una determinazione e una sintonia che ancora non ci sono, ma che dobbiamo stimolare anche dal basso. Ben venga, quindi, anche una manifestazione unicamente a sostegno dell’Europa, senza vessilli di partito né altri bersagli o rivendicazioni, come ha proposto sulla “Repubblica” lo scrittore Michele Serra. È un sentimento, questo, che sta crescendo e di cui nessuno dovrebbe reclamare esclusive, se vogliamo che si diffonda al di là degli schieramenti. Lo dico, e mi perdonerà, caro Weiss, se aggiungo una postilla personale, perché lo slogan che veniva citato nel Manifesto di Serra – “qui si fa l’Europa o si muore” – ripreso poi da vari aderenti all’iniziativa (compreso ieri Corrado Augias), è stato proposto da “Avvenire” a mia firma il 23 gennaio, in un commento non a caso intitolato sul sito web “Cambiare o morire. L’Europa cerca un Garibaldi”. Uniamo gli sforzi: i cattolici in politica hanno storia, cultura e idee per essere in prima fila nel rilanciare l’ideale di una vera Federazione che superi i sovranismi di corto respiro e tenga alta la bandiera della libertà, dei diritti e della giustizia per tutti. Un faro in un mondo sempre più cupo, in cui la forza viene ostentata per imporre sottomissione. © riproduzione riservata
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