Il corsivo nelle scuole e l’inclusione Temi che dividono. Riflettiamo bene

May 15, 2025
Caro Avvenire, leggo sull’edizione di martedì 13 maggio (pag. 11) una dura presa di posizione contro le Indicazioni nazionali per la Scuola, pubblicate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, là dove ricordano che “nelle scuole del primo ciclo di istruzione la scrittura è fondamentale e va curata con attenzione, a partire dall’apprendimento del corsivo e della calligrafia”. Innanzitutto, devo rilevare che il titolo (“Obbligo di corsivo”) è una forzatura. Quanto alla scrittura a mano, nella formazione globale dei ragazzi è senza dubbio una delle attività che meritano di essere curate bene. Mi scuseranno i luminari e gli esperti di didattica dell’inclusione, ma io non posso condividere il principio secondo il quale, per rispetto verso i casi di Disturbi specifici dell’apprendimento, tutti gli altri bambini devono limitare il proprio, di apprendimento. Antonio Genuin Sedico (Bl) Caro Avvenire, in merito all’articolo sul corsivo a scuola, solo poche parole: così continuiamo ad abbassare e ancora abbassare il livello della preparazione dei nostri alunni. Questa non è inclusione, è sterile buonismo. Anna Caro signor Genuin e cara signora Anna, scelgo una lettera lunga e articolata, che ho dovuto a malincuore tagliare, e una staffilata un po’ ingenerosa, tra le reazioni a un tema che sembra trovare forti incomprensioni e dividere il pubblico. Del fatto è detto sopra. Le indicazioni ministeriali, nello specifico oggetto di discussione, trovano fondamento nella ricerca neuroscientifica contemporanea. Numerosi studi mostrano l’importanza della scrittura a mano per le capacità cognitive. È stato infatti rilevato che gli studenti che prendono appunti digitando sulla tastiera memorizzano meno efficacemente i contenuti rispetto a chi impugna penna o matita. I risultati dell’apprendimento migliorano ulteriormente se gli appunti sono scritti in corsivo anziché in stampatello. Scrivere in corsivo potenzia, inoltre, la capacità di attenzione di chi segue e annota la lezione. E l’apprendimento del corsivo produce benefici misurabili anche in ambiti cognitivi diversi, in quanto richiede un’elevata concentrazione e una precisa coordinazione occhio-mano, qualità che rafforzano la connettività neurale, come ricorda Richard Cytowic nel suo libro Un cervello dell’età della pietra nell’era degli schermi, appena tradotto in italiano da Apogeo. Veniamo, quindi, alla contestazione dell’informato e puntuale articolo di Paolo Ferrario, esperto di scuola e istruzione, che riporta con obiettività giornalistica le prese di posizione provenienti da pedagogisti e associazioni di genitori. Mi sembra una notizia meritevole di risalto il fatto che in tanti abbiano sollevato perplessità sulla mancanza di considerazione per gli alunni con bisogni educativi speciali (Bes) o disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa). Così, a mio parere, va letta la critica al ministero. Non si tratta di bandire il corsivo, bensì di fare in modo che non si tramuti in uno strumento potenzialmente penalizzante per una parte (seppur minoritaria) degli studenti. Ricordo che “Popotus”, l’allegato di “Avvenire” per bambini e ragazzi, apprezzatissimo nelle scuole da quasi 30 anni, ha recentemente adottato una grafica ad alta leggibilità, mirata proprio a migliorare la fruizione di persone dislessiche o con altre difficoltà. Una scelta che ha riscosso ampi consensi e nessun dissenso. Certo, la scuola è chiamata a essere amica di tutti e, se finalmente accoglie e accompagna senza eccezioni coloro che più hanno necessità di sostegno, deve anche garantire la possibilità di mirare in alto a chi voglia farlo, come sottolinea lei, caro signor Genuin. Il buonismo non c’entra, cara signora Anna, anche se capisco che l’onda lunga trumpiana ostile all’idea di inclusione, perché promuoverebbe “discriminazioni illegali e immorali”, possa cominciare a dispiegare i suoi effetti anche nel nostro Paese. Dovremmo semplicemente ignorare gli alunni che hanno difficoltà, indipendenti dalla propria volontà, a scrivere in corsivo e riservare loro una valutazione negativa? Non mi pare una strada percorribile né eticamente accettabile. Tanto più che non si chiede di frenare la formazione e le aspirazioni degli altri studenti. Aggiungo solo che in certe contestazioni al ministro Giuseppe Valditara noto qualche pregiudizio e toni eccessivamente polemici. Diamogli la possibilità di recepire i rilievi emersi. In ogni caso, “Avvenire” resterà autorevole tribuna per tutte le voci, in un dibattito sul tema che sia produttivo e rispettoso. © riproduzione riservata

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