“Dibattito politico volgare e sterile” Tanti gli esempi, invertiamo la rotta
Caro Avvenire, espongo la mia preoccupazione per il dibattito politico che sembra appiattirsi su vuoti insulti e polemiche sterili anche quando si toccano argomenti importanti. Se vogliamo salvare la democrazia, occorre agganciare al dibattito i temi che realmente contano nella vita delle persone (casa, figli, sanità, sicurezza, ridistribuzione della ricchezza) cercando di fare proposte realistiche e dicendo verità scomode. Chi sputa sulla squadra (la classe politica), sputa su sé stesso. Stefano Martinelli Imola Caro Martinelli, i dibattiti sui social media tra gli italiani non impegnati in politica sono di livello altrettanto basso, se non peggiore, di quello che si riscontra nell’arena pubblica. Quindi: è nato prima l’uovo o la gallina? Chi si adegua a chi? Dirà qualcuno: i nostri rappresentanti hanno un dovere di continenza legato al loro ruolo, cui li hanno delegati gli elettori. Vero, ma si può ribattere che molti cittadini approvano le posture aggressive e le premiano nelle urne, mettendo ai margini coloro che tentano di resistere alla tendenza verso l’insulto e la rissa. Negli ultimi giorni ho visto un’ex sottosegretaria all’Università e alla Ricerca, Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia, fare “bau bau” come un cane e agitare le mani per disturbare l’interlocutore durante una trasmissione televisiva. E devo dire che mi è sembrato irrispettoso e inopportuno anche l’epiteto di “presidente del coniglio” che la segreteria del Pd Elly Schlein ha rivolto alla premier Giorgia Meloni. Si è poi celebrata come se fosse il ritorno di un dissidente dal campo di prigionia la ripresa dell’insegnamento in un liceo di Roma dello scrittore Christian Raimo, sospeso tre mesi per le sue accuse smodate e virulente al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. In tutti i tre casi, è possibile che i protagonisti avessero ragione di lamentarsi o di criticare atti, idee o persone. Quello che disturba e, in definitiva, avvelena i pozzi, caro Martinelli, è la volgarità, l’offesa gratuita e la delegittimazione dell’avversario. Sarebbe ingenuo pretendere che si faccia campagna elettorale con inchini, sorrisi e sorseggiando una tazza di tè. Possiamo però cercare di fare argine e di ricordare a chi siede nelle Assemblee di qualunque livello, nonché agli intellettuali più in vista, che disapproviamo certi atteggiamenti, invece di correre a mettere “like” e rilanciare video su Facebook, Instagram o X. A chiunque può scappare un’espressione infelice, la frustrazione del momento induce spesso ad andare sopra le righe. Il punto è che ciò non deve diventare una modalità costruita e perseguita sistematicamente. Nel fine settimana, si ritroveranno a Roma amministratori locali e studiosi di orientamento cattolico sulla scia della Settimana Sociale di Trieste. Appartengono a tutti gli schieramenti partitici e incarnano uno stile diverso, animati dall’idea che la politica sia servizio e proposta per il bene comune. Non è l’incubazione di un partito. Possiamo tuttavia sperare che sia il catalizzatore di un rinnovamento anche nei modi di comunicare e perfino di polemizzare (perché anche questo serve). Soprattutto, è urgente rimettere al centro, come lei auspica, caro Martinelli, i temi più rilevanti – alla sua lista aggiungerei la pace, lo sviluppo e la cultura –, promossi in maniera disinteressata nell’interesse dell’intero Paese. © riproduzione riservata
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