«Destra e sinistra sono superate» Ma servono coordinate politiche
Caro Avvenire, le categorie politiche di destra e sinistra nascono in Francia alla vigilia della Rivoluzione francese e occupano pienamente il Ventesimo secolo. All’inizio del terzo millennio, direi che possiamo anche mandarle in pensione, fanno più danno della grandine e portano le persone a dare il peggio di sé. Il Ventunesimo secolo è il secolo della poesia e della fratellanza. Christian Ferdigg Caro Ferdigg, gli auspici di entrare in un’era colorata di benevolenza sono sempre da accogliere, soprattutto quando nel discorso pubblico sembra farsi largo tanto esibito cinismo. Quindi, per l’invito alla poesia e alla fratellanza, che so lei pratica quotidianamente, la ringrazio insieme con gli altri lettori di Avvenire. Abbiamo, però, il dovere di tracciare qualche coordinata, per intenderci meglio. Norberto Bobbio distingueva destra e sinistra in base al diverso atteggiamento nei confronti dell’uguaglianza. In una sintesi un po’ brutale, la sinistra considera l’uguaglianza un valore primario e mira a ridurre le disuguaglianze sociali, mentre la destra tende ad accettare le disuguaglianze come naturali o inevitabili e a enfatizzare la libertà individuale e il merito. Se guardiamo all’oggi è forse la sinistra che ha “sconfinato”, con il suo spostamento verso i diritti individuali e la diminuita attenzione alle classi lavoratrici e popolari. La destra, invece, – che in Italia ha istituito il ministero dell’Istruzione e del Merito e negli Stati Uniti chiude le agenzie del Welfare tagliando i sussidi ai poveri perché sono responsabili della loro condizione, oltre a rimproverare l’Europa perché non promuoverebbe a sufficienza l’assoluta libertà di espressione – è rimasta fedele a quella descrizione. Ovviamente, c’è molto di più. Formazioni come il Movimento 5 Stelle sfidano la dicotomia classica della politica. E su tanti argomenti chiave, destra e sinistra ondeggiano nel tempo. Mercoledì è uscito un allarmato editoriale della rivista scientifica Nature (una delle più autorevoli a livello mondiale), che denuncia l’attacco sistematico dell’Amministrazione Trump al sistema della ricerca, sia in termini di veti ideologici a una serie di temi sia in termini di risorse. Un danno enorme – se si proseguisse su questa strada – non solo per la conoscenza e gli addetti al settore, ma soprattutto per la salute degli stessi cittadini americani (e di tanti altri Paesi), privati di nuove cure e indifesi di fronte ai cambiamenti climatici. L’attacco alla scienza è stato, a fasi alterne, una postura sia della destra sia della sinistra (Stalin rifiutò la genetica mendeliana e rese ufficiale il Lisenkoismo, una teoria infondata sull’evoluzione), secondo schemi culturali spesso venati di pregiudizio e di strumentalità. Questo può consigliarci anche di non sovrapporre le categorie di conservatori e progressisti a quelle di destra e sinistra, né di riservare quella di liberali alla sola destra, come ha argomentato Michael Walzer in un suo interessante libro recentemente tradotto in italiano: Che cosa significa essere liberale, nel quale riconduce il liberalismo a un atteggiamento morale e politico basato sulla tolleranza, il pluralismo e la convivenza tra diverse visioni del mondo. Idealmente, in società composite, una sinistra e una destra moderne dovrebbero essere liberali in questo senso, senza necessariamente abbracciare il relativismo circa alcuni valori e principi. Sarebbe anche la via di uscita da contrapposizioni inconciliabili che si basano soltanto sulle etichette, che lei giustamente vuole superare, caro Ferdigg, ma pure un test per quei partiti che provano a forzare il quadro consolidato, suscitando speranze in qualcuno e timori in molti altri. Per questo ci servono ancora degli strumenti, magari aggiornati. Non più bussole, piuttosto navigatori Gps. L’importante è che sia chiaro di che cosa stiamo parlando e dove stiamo andando. © riproduzione riservata
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