«Cronaca nera, effetto emulazione?» Non c’è una prova. Ma è sovraesposta

May 8, 2025
Caro Avvenire, ultimamente si parla poco di emulazione negativa. Più le cronache dei media, sui diversi canali di diffusione, raccontano di delitti, misfatti e disastri causati dalla nostra specie, più i comportamenti delittuosi vengono imitati. Un facile esempio spesso evocato è quello dei femminicidi. L'ho ripetuto molte volte, ma contrastare questa pessima abitudine non è facile, visto che tanti giornali e programmi tv amano parlare di cronaca nera, pur aggiungendo i soliti biasimi formali. Piero Bini Torino Caro Bini, lei è pediatra e psicologo, quindi parla da esperto dei moventi umani. Noi di Avvenire qualcosa sappiamo di giornalismo. Mettendo insieme le competenze, si dovrebbe raggiungere un discreto risultato nel veicolare buoni ed efficaci messaggi. Invece assistiamo, purtroppo, a un ripetersi di atroci delitti, in particolare, come lei sottolinea, nell’ambito delle relazioni amorose. Proviamo tuttavia ad analizzare la situazione, andando con ordine. In Italia l’incidenza dei reati violenti è tra le più basse al mondo. Nel 2024 il tasso di omicidi volontari è stato di 0,52 per 100mila abitanti, corrispondente a 308 casi, inclusi i femminicidi. E la tendenza risulta in diminuzione. Per fare qualche confronto con nazioni ritenute non piagate dalla criminalità, la Svizzera registra 0,6 uccisioni ogni 100mila abitanti, e anche il Giappone ha un tasso superiore a noi, mentre la media mondiale è di 5,6. La circostanza curiosa è che nel nostro Paese i mass media parlano di cronaca nera molto di più che negli altri Stati occidentali. Sulla tv generalista circa una notizia ogni cinque nei tg serali (spesso in apertura) riguarda omicidi, rapine o processi; nelle emittenti pubbliche di Francia, Germania o Gran Bretagna la quota oscilla fra il 2 e l’8%. Secondo varie ricerche sociologiche, gli italiani dichiarano uno dei livelli di interesse più alti d’Europa per storie legate a delitti e “gialli”. I responsabili dei media tentano così di assecondare tale richiesta, anche perché coprire quel tipo di eventi, soprattutto nei talk show, costa meno che realizzare inchieste di altro tipo e rende di più in termini di ascolto. Ne discende un paradosso ben noto. Come documentato dall’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, oltre il 60% degli italiani costantemente sovrastima l’aumento dei reati a causa di una percezione falsata della (in)sicurezza delle proprie città. Nei sondaggi Eurobarometro 2024 i nostri connazionali collocano “criminalità e violenza” fra le tre principali preoccupazioni sociali, a differenza di ciò che avviene in Francia o Germania, dove il livello di criminalità è simile o maggiore. La situazione dell’informazione, dunque, non è propriamente idilliaca sotto il profilo che stiamo considerando. Ma esiste un fenomeno di emulazione trainato dalla sovraesposizione mediatica? Al momento non sembrano esservi dati che avvalorino la tesi secondo cui la cronaca nera televisiva o via Web crei un “contagio” di femminicidi. Le ricerche disponibili indicano piuttosto un effetto di allerta, misurata con le richieste di soccorso in crescita subito dopo il racconto di un caso eclatante. Dovremmo concludere che è positivo indulgere nell’esposizione e nel chiacchiericcio su assassinii e aggressioni? No, ovviamente. Il suo, caro Bini, rimane un giusto monito, perché la spettacolarizzazione e l’eccesso finiscono con il creare un’ansia generalizzata. Quel sentimento che poi certe forze politiche cavalcano con le proprie campagne securitarie, spesso venate di ostilità all’immigrazione, se non apertamente di razzismo. Esistono precise linee guida deontologiche dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) che invitano a non divulgare particolari che possano favorire atteggiamenti imitativi e, in generale, alla continenza espositiva. Non sempre vengono rispettate. Se legge Avvenire anche solo saltuariamente avrà notato il rispetto di vittime, familiari e pubblico che ispira le nostre scelte e le nostre cronache. È però compito anche di lettori e spettatori cercare, e sollecitare, un’informazione meno voyeuristica sul crimine e più attenta a temi trascurati e urgenti, dalla guerra a Gaza al cambiamento climatico. © riproduzione riservata

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