Il sequestro Soffiantini nella puntata di “Cose nostre”

June 4, 2025
Dalla metà degli anni Settanta alla fine dei Novanta, l’Italia ha vissuto emergenze drammatiche come il terrorismo politico e i sequestri di persona su cui si concentra la terza puntata della nuova stagione, la nona, di Cose nostre, il programma di inchieste condotto da Emilia Brandi su Rai 1 (in onda teoricamente il lunedì in seconda serata, ma in pratica, visto l’orario effettivo di trasmissione, nella notte tra lunedì e martedì, comunque recuperabile su RaiPlay), che racconta le storie di chi ha subito la violenza o si è opposto alla criminalità organizzata. Con il titolo «Gli ultimi banditi», la puntata in questione ripercorre le varie fasi del sequestro dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini avvenuto nel 1997 ad opera dell’Anonima sarda. Lo fa con lo stile consueto, asciutto, efficace e distaccato, di questo format ideato e scritto dalla stessa Brandi con un gruppo di collaboratori tra cui il regista e coautore Raffaele Maiolino, scomparso di recente a soli 51 anni. Prima di Soffiantini, Cose nostre, in questa nuova edizione firmata ora come regista dal solo Davide Frasnelli, ha ricostruito le vicende del falsario Antonio Giuseppe Chichiarelli, detto Tony, coinvolto anche nei depistaggi durante la prigionia dell’onorevole Aldo Moro, e il caso del calciatore del Cosenza Donato Bergamini, detto Denis, morto il 18 novembre del 1989 in circostanze non ancora del tutto chiarite, mentre è in corso una nuova fase processuale dopo la riapertura delle indagini su quello che inizialmente era stato considerato un suicidio e che invece con quasi certezza è stato un omicidio per il quale in primo grado è stata di recente condannata l’ex fidanzata. Ogni volta una breve anteprima propone alcuni passaggi delle testimonianze raccolte in ambienti senza particolari scenografie, volutamente anonimi, essenziali, dopo di che la Brandi, in un’ambientazione virtuale da lavori in corso con impalcature, strisce pedonali e incrocio di rotaie, illustra l’argomento e inizia a guidare il telespettatore nella ricostruzione della storia, grazie soprattutto alle rammentate testimonianze (parenti delle vittime, poliziotti, magistrati, giornalisti), ma anche da filmati di repertorio tratti il più delle volte dai telegiornali e da immagini simboliche realizzate ad hoc. Il racconto, racchiuso in circa un’ora, è costruito con gradualità, con un ritmo comunque serrato, capace di coinvolgere e appassionare il telespettatore. Del rapimento di Soffiantini, ad esempio, non si ripercorre solo la vicenda, comprese le conseguenze psicologiche sul sequestrato e sull’intera famiglia, ma si spiega anche come il fenomeno del banditismo sardo, passato dalla Sardegna alla Toscana e dal sequestro degli animali a quello delle persone, sia frutto di una particolare cultura, ma anche di una carenza dello Stato che per troppo tempo ha lasciato l’isola al suo destino. © riproduzione riservata

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