Lo scugnizzo psicologo
Francesco era un autentico scugnizzo, ma negli anni trascorsi al carcere minorile di Nisida aveva avuto modo di capire che la strada sulla quale fin da piccolo si era incamminato era una cattiva strada. E la scuola che aveva frequentato a Nisida era diventata il mezzo per provare a cambiare direzione, l’antidoto per non farsi nuovamente contagiare dal malaffare che aveva risucchiato la sua giovane vita. Il giorno dell’esame di maturità, dopo essersi complimentato con lui per l’ottima prova sostenuta, il presidente di commissione gli chiede: «Pensi di continuare gli studi? Cosa ti piacerebbe fare?». «Vorrei iscrivermi a psicologia». L’insegnante non nasconde la sua sorpresa: «Ma come, stai facendo la maturità per perito meccanico…». «Lo so, ma l’unica cosa che mi sento di dirle è che in questi anni ho incontrato alcune persone che mi hanno aiutato a rileggere la mia vita, a capire cosa tenevo in cuore, a non farmi sentire condannato dal mio passato, fino a scoprire i miei talenti. Vorrei aiutare i ragazzi che hanno avuto dei guai come me a fare la stessa cosa». Almeno in questo caso, il carcere aveva fatto il suo mestiere: Francesco, scontando la sua pena, aveva conosciuto il significato della parola educazione, grazie a qualcuno che aveva scommesso su di lui.
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