Darya, l’imprenditrice 4.0 dalla parte delle donne

May 21, 2025
Un elenco sterminato di titoli accademici, onorificenze, incarichi professionali… e poi davanti allo schermo di un pc, collegata per l’intervista, appare lei, abbracciata alla sua cagnolina terrorizzata dal temporale che affligge Livorno, la città in cui vive e da cui si proietta nel mondo con le sue mille attività.
Darya Majidi è un’imprenditrice digitale italo-iraniana proclamata da Fortune nel 2023 tra le donne più potenti e influenti d’Italia. Il suo exploit professionale inizia subito dopo la laurea in Computer Science, quando la sua tesi sull’applicazione dell’Intelligenza artificiale in supporto ai medici neurologi diventò la prima spin off creata da una donna nell’ambito della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Era il 1996 e Darya aveva 28 anni. Di lì in poi è stato un crescendo: fondatrice e presidente di Daxo Group, che offre consulenza strategica per la trasformazione digitale, e di Daxolab, incubatore di imprese.
Darya Majidi - Ansa
Darya Majidi - Ansa
Ma non tutto è profitto, nella vita avventurosa di Darya: la sua missione è l’empowerment delle ragazze, l’incoraggiamento agli studi scientifici, «gli unici in grado – dice lei - di colmare il gender gap», attraverso mille iniziative tra cui i camp estivi AlxGirls sull’Intelligenza artificiale rivolti a studentesse di quarta superiore o l’incubatore di startup digitali StartupHer. È così che nel 2024 Darya porta in Italia Un Women, dando vita a un Comitato nazionale dell’Agenzia delle Nazioni Unite che lavora per la parità di genere e il rafforzamento delle potenzialità e delle competenze femminili.
Di certo Darya ama le sfide anche grazie alla sua storia familiare: il ramo materno, originario dell’Istria, arriva a Livorno in cerca di un porto sicuro dopo la guerra, al ritorno del nonno da un campo di concentramento nazista. Ed è nella città toscana che i genitori di Darya si conoscono. Lui è un giovane e brillante cadetto della Marina iraniana, inviato dalla Scià da Teheran a studiare all’Accademia Navale: musulmano, si innamora della giovane livornese di origine istriana e i due tornano insieme a Teheran, dove nascono cinque figli e lui fa carriera fino a diventare ammiraglio. «Mia madre era animata da una profonda fede; i miei genitori ottennero una dispensa speciale per sposarsi – racconta Darya ad Avvenire -. Noi fratelli frequentavamo la scuola salesiana di Teheran. Avevo 12 anni quando a causa della rivoluzione khomeinista siamo diventati apostati. Eravamo tutti in pericolo e siamo rientrati in Italia». La madre è morta pochi anni dopo e la sua fede oggi vive nella sua famiglia e in particolare in un fratello di Darya, l’unico salesiano italo-iraniano nel nostro Paese.
Ma è di donne che Darya ama parlare: delle sue connazionali in Iran che coraggiosamente si battono per la libertà, e di quelle che in Italia non trovano la giusta valorizzazione del proprio talento e che per questo vanno incoraggiate. Nel suo sterminato curriculum, che comprende anche i due libri “Donne 4.0” e “Sorellanza digitale” e la creazione dell’associazione Donne 4.0, spicca la notazione “Madre e role model”. Perché? «Semplice, perché è la più importante avventura a cui mi sia dedicata, e quella che racchiude tutte le altre. Ho scelto di restare a Livorno anziché spostarmi in città che avrebbero inciso di più sulla mia carriera, perché volevo offrire alla mia bambina una presenza di qualità ma anche di quantità».
E perché “role model”? «Perché amo essere mentore per le giovani donne. Sappiamo quanto sia importante per loro vedere donne mature che si sono realizzate nella vita e nel lavoro: questo dà loro prospettive e speranza. Capiscono che non è un sogno, ma un progetto alla loro portata».

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