L’acqua c’è, il problema è distribuirla correttamente
di Andrea Zaghi
I
n agricoltura è sempre più questione di acqua. Acqua che non c’è dove dovrebbe, acqua che c’è in eccesso dove non dovrebbe, acqua senza controllo e nel momento sbagliato. Una condizione, quella dell’agricoltura italiana ma non solo, che sta determinando un profondo mutamento degli assetti produttivi e di mercato. E che non accenna a cambiare, anzi si accentua. Le rilevazioni puntuali di Anbi (l’Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue) su tutto il territorio indicano chiaramente la complessità della situazione. Da un lato, le alte temperature, dall’altro gli eventi estremi (secondo i dati dello “European Severe Weather Database”, solo a luglio ne sono stati registrati 318 tra tornado, bombe d’acqua e grandine grossa), dall’altro ancora aree in cui non si vede una goccia d’acqua da mesi e mesi. Qualche esempio? Di fatto sull’Italia centrale (esclusa la Toscana), Mezzogiorno ed Isole si registrano criticità idriche; va meglio al Nord seppur con differenze fra bacini idrografici ed al netto dei deficit di neve, registrati in diversi settori alpini. Ad eccezione del lago di Garda, diminuiscono comunque i livelli idrometrici dei grandi bacini del Settentrione: il Verbano è circa alla metà della capienza, il Lario attorno al 40 per cento, il Sebino è attorno all’80%. La stessa Anbi indica anche il vero problema del momento. «I dati – è stato sottolineato qualche giorno fa in una nota – confermano come le attuali modalità di pioggia, conseguenza della crisi climatica, incidano più sul rischio idrogeologico che sulle disponibilità d’acqua». Detto in altri termini, non sempre il problema è la mancanza di acqua in assoluto, ma la sua disponibilità nei luoghi giusti e nei tempi giusti. Questione di distribuzione, dunque; e quindi di infrastrutture idriche e di bacini di raccolta. Ancora l’Anbi dice: «Da tutto ciò che si osserva lungo la Penisola e nelle Isole, emerge l’evidenza di dotare urgentemente il territorio di nuove infrastrutture idrauliche, tra cui bacini multifunzionali, capaci di trattenere le acque di pioggia, creando riserve e salvaguardando il territorio da eventi calamitosi. Noi stiamo operando in quella direzione con opere e progetti, ma serve un Piano nazionale di manutenzione del territorio con finanziamenti pluriennali e certi». Torna così il problema di sempre: non serve solo una importante sensibilità ambientale e agricola, ma anche una ampia disponibilità di risorse finanziarie. E investire nella corretta gestione dell’acqua significa investire nel futuro di tutti noi. © riproduzione riservata
n agricoltura è sempre più questione di acqua. Acqua che non c’è dove dovrebbe, acqua che c’è in eccesso dove non dovrebbe, acqua senza controllo e nel momento sbagliato. Una condizione, quella dell’agricoltura italiana ma non solo, che sta determinando un profondo mutamento degli assetti produttivi e di mercato. E che non accenna a cambiare, anzi si accentua. Le rilevazioni puntuali di Anbi (l’Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue) su tutto il territorio indicano chiaramente la complessità della situazione. Da un lato, le alte temperature, dall’altro gli eventi estremi (secondo i dati dello “European Severe Weather Database”, solo a luglio ne sono stati registrati 318 tra tornado, bombe d’acqua e grandine grossa), dall’altro ancora aree in cui non si vede una goccia d’acqua da mesi e mesi. Qualche esempio? Di fatto sull’Italia centrale (esclusa la Toscana), Mezzogiorno ed Isole si registrano criticità idriche; va meglio al Nord seppur con differenze fra bacini idrografici ed al netto dei deficit di neve, registrati in diversi settori alpini. Ad eccezione del lago di Garda, diminuiscono comunque i livelli idrometrici dei grandi bacini del Settentrione: il Verbano è circa alla metà della capienza, il Lario attorno al 40 per cento, il Sebino è attorno all’80%. La stessa Anbi indica anche il vero problema del momento. «I dati – è stato sottolineato qualche giorno fa in una nota – confermano come le attuali modalità di pioggia, conseguenza della crisi climatica, incidano più sul rischio idrogeologico che sulle disponibilità d’acqua». Detto in altri termini, non sempre il problema è la mancanza di acqua in assoluto, ma la sua disponibilità nei luoghi giusti e nei tempi giusti. Questione di distribuzione, dunque; e quindi di infrastrutture idriche e di bacini di raccolta. Ancora l’Anbi dice: «Da tutto ciò che si osserva lungo la Penisola e nelle Isole, emerge l’evidenza di dotare urgentemente il territorio di nuove infrastrutture idrauliche, tra cui bacini multifunzionali, capaci di trattenere le acque di pioggia, creando riserve e salvaguardando il territorio da eventi calamitosi. Noi stiamo operando in quella direzione con opere e progetti, ma serve un Piano nazionale di manutenzione del territorio con finanziamenti pluriennali e certi». Torna così il problema di sempre: non serve solo una importante sensibilità ambientale e agricola, ma anche una ampia disponibilità di risorse finanziarie. E investire nella corretta gestione dell’acqua significa investire nel futuro di tutti noi. © riproduzione riservata
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