Calcio marcio a Crotone. Che horror "Il ritorno del Viperetta"
Avrei voluto parlarvi del sarrismo e dell’arte del “Sarrangiamo” in vista del primo derby del “raccordo anulare”, Lazio-Roma. Oggi è il mezzogiorno (e mezzo) di fuoco del calcio capitolino che è già in odore di crisi (tutte e due le romane sconfitte nell’ultimo turno): prime critiche alla Roma “spuntata” di Gasperini che comunque viaggia a meno 3 punti dalla vetta, mentre la Lazio del presidente "Lotirchio", pardon Lotito, in piena austerity finanziaria e fatta fuori dal mercato è a -6 con due partite perse in tre gare giocate. E così per Sarri questo derby diventa per sua stessa ammissione “la partita più difficile della mia vita”. E' una vita difficile anche per i calciatori della Lazio che devono comparire davanti al pm per le minacce ricevute dai clan che controllano la Curva Nord. Leggo dal "Messaggero": "I reati ipotizzati sono variegati: estorsioni, spesso solo tentate, minacce, spaccio di droga. Nei giorni scorsi sono stati convocati dai carabinieri del nucleo investigativo e sentiti come persone informate sui fatti, cinque tra giocatori ed ex giocatori della Lazio, Ciro Immobile, Luca Pellegrini, Alessio Romagnoli, Ivan Provedel e Adam Marusic, alcuni inquadrati in un confronto a brutto muso con gli ultras sotto il settore Ospiti di Monza, poco più di un anno fa, dopo un 2-2 amaro". Al Mapei Stadium di Reggio Emilia, dopo la sconfitta di sette giorni fa con il Sassuolo, Zaccagni e soci sono dovuti andare a mani giunte sempre sotto quel settore ospiti occupato dagli ultrà della Lazio. Si salvi chi può!
Allarmi, esiste ancora un pericolo “calcio marcio”. Leggo altrettanto sgomento da fonti calabresi: “Le mani della ‘ndrangheta sul Crotone calcio”. E poi, il “tribunale di Catanzaro ha disposto l’amministrazione giudiziaria per 12 mesi della società calabrese, oggi in Serie C. Una misura pesante, motivata dall’inchiesta “Glicine-Acheronte” della Dda, secondo cui vi sono “sufficienti indizi” per ritenere che l’attività economica del club sia stata, per oltre un decennio, sottoposta a forme di intimidazione e assoggettamento da parte di locali cosche di ’ndrangheta”.
Passa qualche ora che da Terni mi telefonano degli amici allarmatissimi che mi comunicano: “Non bastava Bandecchi sindaco, ora il “Viperetta” si è preso anche la Ternana”. Il “Viperetta” per chi del calcio non si intende è Masssimo Ferrero, romano, classe 1951, presidente della Samp fino al 2017, quando si dimise per torbidissime vicende giudiziarie che nel 2021 lo portarono all’arresto. Capi di accusa: fallimento di quattro società nel settore alberghiero, turistico e cinematografico con sede in provincia di Cosenza. Società che sono state dichiarate fallite qualche anno fa. Perché il fallimento, remunerato, è un must di casa Ferrero, da non confondere con l’omonimo casato piemontese della nobile industria del cioccolato, di cui il nostro sicuramente avrà millantato lontano parentele.
Ferrero è una mina vagante, un guitto da salotto del chiacchiericcio televisivo, un infangatore seriale a piede libero. Infatti dopo aver fatto più danni della grandine a Genova, sponda Sampdoria, come se nulla fosse, tornato in libertà, ha provato a mordere da “Viperetta” qual è e a indurre in tentazione almeno una decina di società calcistiche allo sbando. Solo in Umbria prima di riuscire nell’ “operazione Ternana” Ferrero, senza pudore, era andato a bussare anche alla porta del Perugia (il più acerrimo nemico della Ternana) in stato di abbandono dopo l’addio del presidente Santopadre. I tifosi perugini stanchi di essere presi in giro lo avevano invitato a lasciare immediatamente la città. Scene che si erano viste anche a Terni, fino al “blitz” delle ultime ore di Ferrero, che con la solita aria svagata e il fare da “io so io e voi non siete un (bip)” ha concluso l’affare Ternana per conto della famiglia Rizzo. Romani come lui, sono i proprietari dell’istituto sanitario privato di Villa Claudia.
“I signori Rizzo, marito e moglie sono due scienziati che c’hanno una figlia che c’ha la passione e vuole fare calcio”, dice Ferrero alla stampa locale proclamandosi semplice “operaio del pallone” che chiede di essere giudicato “solo per il lavoro che riuscirò a fare” per il club del presidente Claudia Rizzo. Prima presidentessa in un secolo di storia della Ternana, fondata nel 1925, finora società n.52 del ranking nazionale. Terni città delle donne dunque, del resto nella sua prima vita di discutibile produttore cinematografico il “Viperetta” ricorda roco e convinto: “Qui a Terni c’ho fatto pure un film, Il futuro è donna, di Bertolucci, e qui il mio grande e unico amico, unico perché ha vinto l’Oscar, Roberto Benigni, c’ha girato La vita e bella”. Il nome del regista Bertolucci lo dice strascicando e ammaliando gli auditori poco cinefili, peccato che La donna del futuro è un film del pur ottimo Marco Ferreri, il produttore è Achille Manzotti e non è stato girato a Terni. Sul Benigni suo grande unico amico, attendiamo riscontri direttamente dal Premio Oscar.
Per ora, l’unico film che si apprestano a girare a Terni è “Il ritorno del Viperetta”. Un horror, specie per quelli che credono ancora in un calcio pulito e non intaccato da improvvisatori da “cialtron league” che pietiscono sempre assist alla politica. Altra specialità di Ferrero, che chiama in causa il primo cittadino ed ex presidente della Ternana, il “Trump della Conca”, Andrea Bandecchi. “A Terni c’avete un grande sindaco, perché Bandecchi è un uomo del fare e non del dire e ama la Ternana. Quindi ve lo dico e ve lo scrivo: Bandecchi santo subito!”. Non ci resta che piangere, tanto per citare ancora Benigni (per la cronaca ieri la Ternana ha strappato un mezzo sorriso: pareggio a Sassari contro la Torres, 1-1). E chiudiamo con l’ultima perla ternana del Ferrero pensiero: “Il calcio è di tutti, ma non per tutti”. Ecco, il calcio forse non dovrebbe essere minimamente gestito dai folli, dai perennemente indagati e condannati, e dai soggetti smarriti come il “Viperetta”.
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