Una nuova versione del talk show politico
giovedì 1 marzo 2018
L'approssimarsi delle elezioni ha rianimato i moribondi talk show. Una boccata d'ossigeno grazie a candidati che alle piazze hanno preferito di gran lunga gli studi televisivi. Una corsa non all'ultimo voto, bensì all'ultimo spazio in video. Quasi mai, però, i programmi con i politici sono usciti dagli schemi tradizionali, costretti in recinti delimitati dalla par condicio, ma anche da una sorta di autolimitazione, per non dire autocensura nell'incalzare il leader di turno. A fare un qualcosa di diverso ci ha provato, e forse ci è pure riuscito, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, che con il suo modo surreale di fare televisione ha provato a svelare il lato umano di politici che in queste settimane ci hanno il più delle volte investito con frasi fatte e promesse elettorali da libro dei sogni, ingessati nel loro apparire che è sempre più importante dell'essere. Con Il Candidato va alle elezioni (il martedì alle 21,30 su Tv8), Pif ha dapprima incontrato Luigi Di Maio, candidato del Movimento 5 Stelle, Pietro Grasso per Liberi e Uguali e Giorgia Meloni per Fratelli d'Italia, mentre nell'ultima puntata, l'altro ieri, dopo la rinuncia di Silvio Berlusconi (Forza Italia), è stata la volta di Matteo Salvini, segretario della Lega, e di Matteo Renzi, segretario del Pd. Al tempo stesso, Mauro Casciari si è occupato dei candidati dei partiti minori: da Simone di Stefano di Casapound a Viola Carofalo di Potere al popolo, da Mario Adinolfi del Popolo della Famiglia a Riccardo Bruno del Partito repubblicano italiano-Ala. In questo modo diverso di raccontare la politica, anche da un punto di vista tecnico attraverso la telecamerina e il ritmo sincopato di un montaggio che toglie le pause, Pif ha proposto lati inediti dei due “Mattei”. Ha reso Salvini quasi simpatico costringendolo a fare il buono («Sono mansueto e un po' orsacchiotto») e persino il democristiano. Con Renzi ha invece approfittato di un'influenza in arrivo («Sta male e questo è un bene») per fargli ammettere di rosicare e di considerarsi «uno dei pochi coglioni che ha preso 109 alla laurea per aver litigato con il correlatore». Un Renzi comunque cosciente che ormai «gli italiani anziché votare quello più vicino, votano quello meno lontano». Il problema è che così facendo, Pif rischia pure di avvicinarceli questi politici.
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