giovedì 25 agosto 2005
Ho visto un nido in rovina in cima a un grande albero e questa vista era dolce come quella di un cuore che ha compiuto il suo lavoro.    Quando si passeggia tra i boschi, può accadere di intravedere tra i rami un nido abbandonato: colpisce sempre la raffinatezza e la premura con cui esso è stato confezionato attraverso un paziente lavoro condotto a colpi di becco, quasi come in  un cesello. La Bibbia s"interessa a più riprese dei nidi e delle nidiate, usandoli non di rado come simboli di intimità:  «Anche il passero trova la sua dimora, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore» (Salmo 84, 4). Spesso, però, quelli che noi incontriamo sono nidi che hanno già adempiuto alla loro funzione di sede per la covata. È in questa luce che li contempla, nel passo citato, Christian Bobin, uno scrittore francese, nato nel 1951, nell"opera Resuscitare (Gribaudi 2003). Certo, questo autore indulge talvolta al sentimentalismo e alla retorica, ma ha comunque il merito di riportare l"uomo contemporaneo al valore dei sentimenti, della tenerezza, della delicatezza. Il nido diventa, così, l"emblema di un amore semplice che ha compiuto la sua missione. Si desidera talora di elevarsi al di sopra della quotidianità con atti clamorosi: la società attuale tutta dedita a esaltare l"apparire, l"eccedere, l"urlare ci spinge a curarci solo di ciò che fa clamore o è «eccezionale». E, invece, la grandezza è proprio nella semplicità, nella fedeltà, nella dolcezza delle piccole cose. E" lì che si ritrova la vera pace dell"anima e la serenità della coscienza.
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