Tuchel e Conte cattivi maestri I saggi: Pizzul e Piero Angela
sabato 20 agosto 2022
Le belle bandiere nel calcio, come in politica, non esistono più. Cattivo pensiero che mi sfiora alla vigilia della 2ª giornata di campionato, mentre vedo planare sotto il vulcano, al Napoli via Sassuolo, il millennial azzurro Giacomino Raspadori. Per 30 milioni Raspadori va a riempire il vuoto (sì fa per dire) lasciato dallo scugnizzo Lorenzo Insigne che, sotto un Niagara di dollari canadesi ha salutato la sua città per andare a svernare – per i prossimi cinque anni, a 40 milioni – a Toronto. Circa 40 milioni di sterline è quello che assieme prendono a stagione due “signori” della panchina. Parliamo del germanico caliente Tuchel, manager del Chelsea e del mambo salentino Antonio Conte, condottiero scaltro del Tottenham. Il 2-2 finale nell'ultimo derby londinese dopo reciproci insulti è quasi finito a scazzottata. E i due “psicotrainer” si sono beccati il sacrosanto cartellino rosso. A nervi un po' meno tesi, Tuchel ha ammesso: «Quando vedo aggressività rispondo con aggressività e mi arrabbio. Magari la prossima volta non ci stringiamo la mano con Conte e ognuno resta nella sua panchina, così evitiamo problemi». L'altro duellante, FantAntonio da Lecce, ha stigmatizzato da mago del fairplay: «Ho mantenuto la calma, spero di essere in panchina sabato (oggi ndr)». Conte è recidivo alle risse sfiorate. Gli accadde già quando allenava il Chelsea contro uno specialista della provocazione, lo Specialone Mourinho, allora mister del Manchester United. Ciò che preoccupa è che questa generazione di millennials del calcio, cresciuta a hot dog e playstation, come può crescere bene e maturare al meglio se a guidarla ci sono questi nevroallenatori incuranti delle regole base dell'educazione e del rispetto per gli avversari? Quando si dice che questa meglio gioventù è orfana di modelli, di punti di riferimento, in campo e fuori, si viene presi per dei nostalgici d'accatto, ma lo scenario reale è avvilente. Due cinquantenni (pardon Tuchel ne ha 48) che si fanno chiamare “Mister”, due capo squadra che guadagnano quanto il Pil del Burundi per catechizzare giovani mutandieri del football hanno il dovere di non trascendere mai. «Trascendi e sali», recita Alessandro Bergonzoni, uno che con le parole ci gioca, così come Bruno Pizzul, signore della telecronaca sa da sempre dosare lessico e nuvole abbinate al gioco del calcio. «Ho vissuto un'epoca in cui i calciatori e i cronisti andavano a braccetto, si giocava a carte – ha detto in un'intervista Bruno da Cormons – . Oggi sono mondi lontanissimi, ognuno perso nelle sue cuffiette e nel suo mondo, ed è difficilissimo per un tecnico creare un clima di complicità, di solidarietà». Già, più facile creare un clima da guerriglia per una partita di pallone. Aveva ragione il leonardesco Piero Angela che in piena emergenza Covid disse: «Un Paese che freme per la ripresa del calcio e non per la scuola, non ha futuro».
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