mercoledì 18 ottobre 2006
Trasfiguriamoci/ su questo marciapiede;/ la gente crede/ a un Dio troppo lontano. Non avrei mai saputo della sua esistenza, se un giorno non avessi ricevuto il Libro delle tre scritture (Nicolodi 2005), che raccoglieva l'intera sua opera poetica. Si trattava di un prete e poeta, morto più di trent'anni fa, Mario Bebber. I suoi sono versi semplici, stagliati con nettezza e realismo; la sua è una poesia tesa e diretta in cui la parola è anche atto. Ho scelto questa sorta di epigramma proprio per la giornata dedicata a s. Luca, l'evangelista della povertà, della quotidianità, dell'amore operoso, del perdono. Potremmo dire "dei marciapiedi", come scrive don Mario, anzi, della «trasfigurazione sul marciapiede». Quest'ultimo vocabolo, in sé del tutto neutro nella sua funzionalità logistica, ha ricevuto nell'accezione comune una connotazione morale: è il luogo della prostituzione e, quindi, è in generale simbolo di corruzione, depravazione, degenerazione. E qui scatta il paradosso: nel luogo ove si consumano i rituali del vizio Cristo si è spesso accampato per celebrare la trasfigurazione dell'amore, della liberazione, del perdono. La gente perbene pensa che Dio prediliga solo gli spazi sacri, lasciandosi avvolgere dagli incensi, dai canti, dal baluginio delle fiamme dei ceri. Come ci insegna la Bibbia, Dio certamente è là; ma è ugualmente presente accanto ai moribondi dei marciapiedi di Calcutta, a quella corte dei miracoli che popola le notti delle metropoli, alle vittime sui campi di battaglia. Per questo anche noi usciamo talvolta dal tempio della nostra pace serena e cerchiamo il Dio trasfigurato nella storia dell'uomo.
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