Sui social, tanti modi per dire: non si può restare indifferenti
mercoledì 2 marzo 2022
Senza interporre alcun filtro soggettivo, prendo i primi dieci post che mi sono comparsi su Facebook in un momento qualsiasi della giornata di ieri e vedo che, al netto di quelli “sponsorizzati” e di quelli “suggeriti per te”, cinque di essi (dunque, la metà) sono suscitati dall'aggressione all'Ucraina ordinata dal presidente russo Putin, dando voce non solo all'inquietudine, ma soprattutto a un bisogno diffuso: non restare indifferenti. Un amico pioniere sui blog e sui social cita quel passo di “Com'è profondo il mare” di Lucio Dalla in cui l'inizio di ogni guerra è un urlo che diventa un tamburo, e raccomanda: «Finché possiamo permettercelo, non urliamo...». Un'amica che di solito posta ironici autoritratti di vita quotidiana si cimenta in un video per poter riportare un detto del nonno difficile da scrivere in dialetto, che tradurrei così: «Come mai la gente non è buona?». Un famoso prete nonviolento e attivo per il disarmo cita l'art. 11 della Costituzione, orgoglioso della sua città per la manifestazione pacifista che vi si è svolta. Una storica trova nelle manifestazioni a sostegno del popolo ucraino che si stanno promuovendo «una minima risposta all'angoscioso “cosa si può fare” di questi giorni tragici e sconvolgenti», e poi rilegge un «canto di Resistenza» di padre David Maria Turoldo, “Torniamo ai giorni del rischio”. Un collega promuove, come espressione di solidarietà alla popolazione ucraina, la via pratica di un atto di carità (un canale affidabile per l'invio di denaro) e quella simbolica di un concerto di canto corale che si svolgerà sabato prossimo a Roma. Come scrive sul suo profilo un altro collega, esperto di vite digitali, in questi giorni così drammatici spendiamo parole sui social non perché abbiamo qualcosa da dire, per quanto importante, ma perché vogliamo dirla. Perché ognuno di noi sente il dovere, almeno, di condividere il sentimento che prova mentre vede i carri armati incolonnati alle porte di Kiev.
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