martedì 26 giugno 2012
Che oggi van coltivate, non c'è dubbio alcuno.Ad aspettare che nascano da sole non c'è storia.È un assedio la paura. Le paure. Di perdere. Il lavoro, la casa nostra conquistata, chi lo avrebbe detto mai? E poi la salute, il mondo è malato, e gli affetti, il cuore è variabile. Di trovarsi nudi, senza le cose che ci nascondono. Noi soli, a dirci davvero quello in cui crediamo. Con i poveri non più là da guardare, lontani o vicini, ma loro. Poveri noi invece ora.E ci lamentiamo in coro del mondo intero. Colpa loro, colpa di tutti, a pensarci bene, di qualcuno, che non sa parlare, non sa di valere. Giù la testa, loro. Più sotto di loro, noi.Si può sperare. Non è un atto di volontà, è un ricordare, portare con sé l'altalena dei giorni passati, con il sole che è sorto dopo le notti più scure e oggi vedere che la lavanda è fiorita insieme alle margherite, anche se ci siamo dimenticati nel chiuso del nostro essere preoccupati, dimenticati di loro e un poco hanno patito. La vita intorno ci regala. Ci ricorda, ecco ancora il ricordare, l'alleanza del divino che ci accompagna, promessa. E quasi non occorre fare. Ci si può affidare, e non proprio un miracolo come quelli raccontati, ma un solletico come di risata, un camminare vedendo il mondo. Una speranza, appunto. Il nostro bene. Il nostro essere insieme.
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