giovedì 6 novembre 2008
Festa della dedicazione
della Basilica Lateranense

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». [...] Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». [...] Egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Già un'ora dopo i mercanti avevano rioccupato il loro posto; il belato degli agnelli e il tubare delle colombe si fondeva di nuovo con il mormorio delle preghiere. Eppure il gesto di Gesù non è rimasto senza effetto, proclama ancora: non farai mercato della fede, non farai valere la legge scadente dello scambio, la legge gretta del baratto, dove tu dai qualcosa a Dio, perché Lui in cambio dia molto a te.
Gesto e parole di Gesù sono profezia per oggi: se allora il tempio era diventato mercato, ora, senza pudore alcuno, è il mercato globale ad essere diventato il tempio, il luogo dove si adorano i nuovi idoli, il falso dio del denaro.
Gesù ha molto amato il tempio di Gerusalemme, lo ha ammirato, si è indignato coi mercanti, ha pianto per la sua distruzione imminente. Lo ha chiamato «casa del Padre» eppure lo ha anche radicalmente contestato: Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere. Voi distruggete, io riedifico. La sua opera più vera è ricostruire; l'azione propria di Dio è far risorgere. Là dove gli altri ti fermano, egli ti fa ripartire; là dove eri caduto, egli ti fa rialzare e risveglia la vita.
Parlava del tempio del suo corpo. Il vero tempio non è indicato dal giro delle pietre ma dal perimetro vivo di un corpo di carne, il suo, tenda della Parola. Alla teologia del tempio di pietra, Gesù ci insegna a sostituire la teologia del tempio di carne: i figli di Dio sono il santuario di Dio. E se appartengo a Cristo, anch'io sono tenda di Dio. E lo è il mendicante, l'immigrato, lo straniero la cui sola presenza mi infastidisce.
È facile adeguarsi a un Dio che abita le cattedrali, prigioniero delle pietre e delle mura degli uomini. Un Dio così non crea problemi, ma non cambia nulla della vita. «Il vero problema per noi è rappresentato da un Dio che ha scelto come tempio l'uomo» (Pozzoli), che ci ha insegnato a sostituire alla teologia del tempio, la teologia dei figli di Dio come tempio di Dio.
Non fate della casa del Padre mio un mercato! Gesù non si rivolge ai custodi dei templi, o all'istituzione, ma a ciascuno: la casa ultima del Padre sei tu. Casa ingombra di pecore e buoi, di denari e di colombe, che non lascia più trasparire Dio, invitata a diventare di nuovo trasparente, terra aperta al cielo. Dio è ancora in viaggio, il Misericordioso senza tempio cerca un tempio, il Dio che non ha casa è in cammino e cerca casa. La cerca proprio in me.
(Letture: Ezechiele 47,1-2.8-9.12; Salmo 45; 1 Corinzi 3,9c-11.16-17; Giovanni 2,13-22)
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