domenica 13 novembre 2005
A sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare lungo il filo spinato e dal mio cuore s'innalza sempre una voce che dice: «La vita è una cosa splendida e grande. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto d'amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere». Mi commuove immaginare la scena di una giovane donna che in un lager nazista sta a sera procedendo lungo il filo spinato della recinzione e, di fronte all'orrore che la circonda, riesce a pronunciare queste parole di vita e di speranza. Esse sono raccolte nel Diario 1941-1943 di Etty Hillesum (ed. Adelphi) e recano la data del 3 luglio 1943: pochi mesi dopo, il 30 novembre, questa straordinaria donna ebrea, dotata di un'intelligenza e di una temperie umana e mistica unica, verrà eliminata ad Auschwitz, ove già era stata cancellata tutta la sua famiglia. «Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere». Ecco, queste parole dovrebbero essere come un motto nel giorno oscuro della prova. La vita è sempre una realtà grandiosa che può piegare anche il dolore più atroce. La nostra capacità di amore è tale da poter contrastare l'onda montante del male e dell'odio. La nostra anima ha in sé un'energia che le permette di lottare
e reagire a ogni tempesta e di lasciare un seme di luce nel terreno arido e sassoso della storia. Dovremmo più spesso raccogliere l'appello di Etty, soprattutto quando, al primo ostacolo, ci lasciamo cadere le braccia e alla prima prova scegliamo la via più facile del soccombere
o della fuga.
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