Sassoli vero numero “10” Bonucci impari da Scirea
sabato 15 gennaio 2022
L'hanno già detto che David Sassoli era un numero “10” (all'Antognoni) anche quando giocava a calcio con la squadra dei giornalisti? Forse sì, ma lo ribadiamo. Anni fa, alla presentazione di un mio libro in Rai, Palla avvelenata. Le morti misteriose del calcio, Sassoli si era affacciato in studio e parlammo della passione condivisa per il pallone, del “caso” Bruno Beatrice (morto di leucemia a 39 anni, per un ciclo scellerato di raggi Roentgen), l'ex mediano della sua squadra del cuore, la Fiorentina. Sassoli era un fantasista del giornalismo e della politica, ma come ha raccontato il suo amico ed ex direttore del Tg1, Gianni Riotta, era soprattutto un fuoriclasse della normalità. Un maestro, uno di quelle rare figure che sapevano insegnare ed appassionare i giovani a questo splendido e sempre più vituperato mestiere del giornalista. Perciò, valga quella sua lezione, a braccio, fatta agli studenti della Luiss – ricordata da Riotta su “Repubblica” – «L'informazione è il primo strumento che abbiamo, un'informazione che non serve a sostenere la politica, ma a renderci consapevoli che quello che abbiamo e anche di che cosa non possiamo perdere». «Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere», canta Shel Shapiro: ritornello ignoto a un campione d'Europa come lo juventino Leonardo Bonucci. Alla fine della finale di Supercoppa vinta dall'Inter, il Leo nazionale ha perso la brocca e schiaffeggiato un dirigente nerazzurro. Multa da 10mila euro per Bonucci che magari lo ha fatto per onorare il monito del presidente Giampiero Boniperti che amava ripetere ai giocatori della sua Juve: «Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta». Un credo su cui poggia da sempre lo “stile Juventus” e che gli ha fatto conquistare milioni di fedelissimi, ma anche altrettanti nemici. Tra questi, ci sono i figli della mamma degli imbecilli che è sempre incinta e sforna quei soggetti smarriti che per festeggiare la vittoria dell'Inter hanno pensato bene di piazzare lo striscione «Buonanotte porci» sulla porta dello Juventus Club di San Salvo (Chieti), intitolato alla memoria del più esemplare dei nostri campioni del mondo, Gaetano Scirea. Un hombre vertical Scirea, morto a 36 anni (in un incidente stradale), che giocava al centro della difesa juventina, come Bonucci, ma a differenza sua, Gaetano non era capace di schiaffeggiare neppure il pallone e in 16 anni di onoratissima carriera non si è mai macchiato neppure di un'espulsione. Per noi, questo è il vero Campione, e non certo il tennista serbo, «nuovo Spartaco», per la mitomane famiglia Djokovic, altresì «Novax o Djokovid» per il becero mondo social. Comunque vada a finire la triste vicenda, ci affidiamo al verdetto di un altro Campione, Adriano Panatta: «Djokovic? Questi sono dei ragazzi in mutande che giocano con le pallette, e pensano di essere più importanti di Gino Strada».
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