Rai Storia con “Maxi” esempio di tv civile
mercoledì 24 ottobre 2018
È un esperimento di fatto nuovo quello che da ieri sera, ogni martedì alle 21.10, sta proponendo Rai Storia con Maxi. Il grande processo alla mafia. La novità è in una tecnica inusuale anche per una docufiction. Non si tratta infatti di una semplice alternanza tra documentazione e ricostruzione, ma di un vero e proprio intreccio serrato tra le immagini di repertorio e la messa in scena con gli attori per raccontare la storia del Maxiprocesso di Palermo, istruito dal pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che a partire dal 10 febbraio 1986 vide alla sbarra 476 imputati con 200 avvocati per concludersi dopo 638 giorni con ottomila pagine di sentenza, 19 ergastoli e 2665 anni di carcere complessivi. Il racconto si sviluppa attraverso la voce narrante di Franco, un giornalista Rai interpretato da Giovanni Guardiano, che si mescola alle immagini dell'epoca e fa rivivere “l'epopea” di giornalisti e tecnici chiamati a documentare l'intero processo. Accanto a Franco lavora una squadra composta da un cameraman, Gianni (interpretato da Fabrizio Colica), e Teresa (Chiara Spoletini) montatrice e assistente alla regia. Per capire la novità della tecnica, basti pensare che quando Franco, inteso come personaggio della parte fiction, dalla ricostruita aula bunker, descrive le celle, quelli che si vedono sono i detenuti reali, i mafiosi veri, e quella che si sente è la loro voce dalla vera aula bunker, la cosiddetta “Astronave verde” che dà il titolo al primo dei sei episodi. La serie, già interamente disponibile su Raiplay (scritta da Cosimo Calamini, Alessandro Chiappetta, Marta La Licata e Davide Savelli, con la regia di Graziano Conversano), si basa sui verbali del Maxiprocesso, sui resoconti dei magistrati e sulle testimonianze dei cronisti che lo raccontarono. Partenza con le immagini di repertorio della strage di Capaci e le voci intorno che si domandano come si possa morire così. Poi l'aula bunker con i mafiosi che ringhiano dalle gabbie, i vecchi boss che provano a innervosire i giudici, i pentiti che minacciano di ritrattare. Il grande processo alla mafia ha il pregio di farci vivere l'atmosfera di quell'aula, a tratti persino surreale, con le mille eccezioni processuali, i cavilli, malati immaginari, acclarati criminali che si fingono ingenui perseguitati dalla giustizia, lupi camuffati da agnelli.
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