sabato 27 ottobre 2007
La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro.
Rieccoci ancora una volta con una citazione manzoniana, naturalmente dai Promessi Sposi. Ce la propone un lettore veronese ed è una sorta di aforisma che non ha bisogno del conforto di grandi riflessioni tanto è scontato, ma che esige piuttosto una pratica nella vita. E qui le cose si fanno più ardue perché facile è individuare e denunciare le colpe altrui, ben più pesante è battersi il petto. Su questo la letteratura morale, a partire dalla famosa favola delle due bisacce dei torti (la mia e quelle degli altri),
è costante nel suo ammonimento. Alla radice c'è sempre la nostra superbia che non si placa mai, anche in persone semplici e apparentemente umili, perché " come scriveva il poeta inglese Coleridge " «il peccato prediletto del demonio è l'orgoglio che scimmiotta l'umiltà».
A questo punto, però, vorremmo andare un po' oltre il detto di Manzoni. Se è vero che ragione e torto non si possono scindere con un colpo di spada, è però altrettanto vero che esistono proporzioni differenti. Ed è per questo che è legittima la denuncia e la difesa. Non ci si deve lasciare trascinare dalla deriva che può indurre l'aforisma citato: pensare, cioè, che alla fine siamo un po' tutti colpevoli e un po' tutti giusti e quindi lasciar perdere ogni distinzione etica, ogni giudizio, ogni protesta. È un po' l'atteggiamento odierno che piomba nello scetticismo morale e tollera le ingiustizie solo per il fatto che esse sono equamente distribuite in noi e fuori di noi. Non si deve spegnere quella virtù che è lo sdegno della coscienza.
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