domenica 30 aprile 2023
A Istanbul, divisa e ricomposta, nobile e stracciona, fra cupole e grattacieli, gabbiani e traghetti, si può attraversare in taxi il ponte sul Bosforo passando in pochi minuti dall’Asia all’Europa, o viceversa. Io lo feci un giorno insieme a Vincenzo Consolo: conoscevo lo scrittore, ma non l’uomo. Diventammo amici senza troppi convenevoli, camminando vagabondi nella medina multietnica, fra turisti e curiosi. D’istinto mi venne da chiedergli: perché non andiamo a visitare il cimitero musulmano? Rispose subito di sì. Prima sorseggiammo una spremuta d’arancia in un chiosco sul marciapiedi, scansando i tram che transitavano a due metri da noi, nel trionfo ideale dell’antica civiltà mediterranea, di cui peraltro lui fu un prezioso e sommesso cantore. Arrivammo poi in un battibaleno di fronte ai tumuli sparsi dove c’erano famiglie in preghiera. Uomini eleganti e donne col velo. Mi colpì, nello sguardo concentrato del mio compagno, il modo del suo raccoglimento. Si mise da parte per conquistarsi uno spazio privilegiato di osservazione. L’attenzione analitica in cui lo vedevo impegnato nel registrare gli eventi ai quali assisteva mi parve una quintessenza della letteratura. In quel momento ebbi l’impressione che tutta la sua opera fosse incapsulata come una nave di sughero dentro la bottiglia giunta a riva. © riproduzione riservata
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