Quei piccoli geni da Gerry Scotti
venerdì 10 marzo 2017
Lo abbiamo già detto, ma lo ripetiamo volentieri: Gerry Scotti sta alla televisione come ciascuno di noi sta alla propria casa. Pochi altri come lui, forse Carlo Conti, si trovano così a loro agio di fronte alle telecamere. Inossidabile conduttore, Virginio detto Gerry, nonostante la mole, si muove con disinvoltura mostrando indiscutibile professionalità in qualsiasi situazione: presentando un quiz, facendo il giudice di un talent, conducendo uno show. Scotti è ormai il simbolo di Mediaset (non ce ne voglia Maria De Filippi), come può esserlo appunto Carlo Conti per la Rai. Adesso, dopo il successo delle due puntate del dicembre scorso, è tornato a proporre altre due puntate di Little big show il mercoledì sera su Canale 5. Il talent, finalmente senza gara e senza giuria, tratto da un format statunitense, propone esibizioni di varia natura di bambini dai quattro ai dodici anni. Si va da chi parla a malapena, ma conosce tutti gli inni nazionali del mondo, a chi a otto anni colleziona insetti di tutti i tipi o conosce il nome delle ossa dell'intero corpo umano. Accanto a loro, eccezionali infanti nostrani, si esibiscono veri e propri artisti internazionali in miniatura che già con i loro spettacoli girano il mondo: dai gemelli trombettisti ai maghi nel lancio delle carte da gioco. A corredo, ospiti di richiamo come Gabriel Garbo in versione cavallerizzo o il mitico Lou Ferrigno, meglio conosciuto come il verde incredibile Hulk. Ma nemmeno loro, questa volta, hanno contribuito a bissare il successo dell'esordio (quattro milioni e mezzo di telespettatori). Non si può dire, infatti, che questo secondo appuntamento con Little big show sia partito con il botto, avendo registrato due milioni e ottocentomila telespettatori. Anche se non è andato lontano, mercoledì scorso, da La porta rossa di Rai 2 e nemmeno dal film di Rai 1 in una serata dall'ascolto frazionato. Resta comunque un segnale che va colto: la formula è forse un po' stantia. Superata la novità iniziale, i piccoli geni (in senso affettivo verrebbe da dire i “piccoli mostri”) non sono poi così interessanti per il grande pubblico. Lo restano invece per i genitori e i parenti in studio che immancabilmente seguono con gli occhi lucidi le performance dei loro pargoli. Ma anche su questi genitori qualcosa da dire ci sarebbe.
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