giovedì 15 dicembre 2005
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio/ non già perché con quattr'occhi forse si vede di più./ Con te le ho scese perché sapevo che di noi due/ le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. È il nostro Eugenio Montale, in questi versi così dolci scritti in memoria della moglie, a ricordarci quanto sia importante un amore vero. Si cammina insieme, anche su scale pericolose, ma è l'altro che ti dà sicurezza, anche se i suoi occhi sono più appannati dei tuoi. Ciò che conta, infatti, non è la vista fisica ma è lo sguardo del cuore. La scena dei due coniugi anziani che reciprocamente si sostengono lungo il pendio del tramonto ci fa pensare per contrasto a tante coppie fatte di persone che ormai sono sole e indifferenti l'una all'altra oppure a chi non ha più nessuno al mondo. Questi giorni che ci conducono al Natale e i successivi sono i più impietosi nel rivelare il dramma di famiglie lacerate o di solitudini dimenticate. Simone Weil (1909-1943), la nota scrittrice ebrea francese affascinata dal cristianesimo, ci ha lasciato sull'amicizia e sull'amore una meditazione "trinitaria": «L'amore puro è un'immagine dell'amore perfetto e originario della Trinità, essenza stessa di Dio. È impossibile che due esseri umani siano uno eppure sappiano rispettare la distanza che li separa: questo, invece, accade se Dio è presente in ciascuno di loro». Dio, infatti, è uno, eppure è una trinità di persone ed è l'amore che le unisce perché la divinità è amore, come ha insegnato s. Giovanni. L'amore umano autentico è, allora, una grazia da implorare, un dono divino da invocare.
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