venerdì 26 settembre 2014
«Acqua e meditazione sono sposate per sempre». Folgorante affermazione di Herman Melville agli inizi del capolavoro Moby-Dick. Che svela subito la sua trama profonda: l'avventura dell'uomo che salpa, lanciandosi nella caccia alla balena bianca, l'animale gigantesco e misterioso, adombra quella dell'umanità in viaggio verso l'ignoto. Ignoto che si cela e manifesta nella stessa sostanza dell'acqua, da sempre custode di un mistero. La nostra origine. Tante cosmologie vedono nel mare la nascita del nostro mondo e della vita. Nel mare, dalle cui profondità tutti i fiumi hanno origine e a cui tutti ritornano, è rinchiuso l'enigma del destino finale, dopo la morte: il pontefice dell'antica Roma compie sul ponte i riti tiberini, la pittura del Tuffatore di Paestum ci mostra l'anima dell'uomo che si separa dal corpo, nell'istante del trapasso, tuffandosi in mare. Lo stupore di Narciso, che vede la propria immagine nella pozza, la città miraggio, Venezia: l'acqua, specchiandola, manifesta, ma nello stesso tempo cela l'identità. Dall'acqua ha inizio l' avventura della vita, l'ameba, i nostri antenati ominidi, fino all'uomo che alza gli occhi al cielo, divenuto bipede per l'ansia di scrutarlo, di guardare verso la luce. In ogni fontana urbana, in ogni pozza dopo la pioggia, l'incanto prosegue. Non perdiamolo.
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