Politici e giustizia: due pesi, due misure? La vera ricetta è il senso delle istituzioni
venerdì 24 gennaio 2025
Caro Avvenire, non ho grandi simpatie per la ministra Santanchè ma, pur comprendendo le sollecitazioni alle sue dimissioni in quanto rinviata a giudizio, non capisco perché nessuno dica nulla sulla deputata 5 stelle Appendino condannata già in appello a oltre un anno di carcere. Abbiamo assistito troppe volte a dimissioni richieste con strepito per vicende poi concluse con un nulla di fatto: si veda il caso di Maurizio Lupi. Come sempre è solo opportunismo, insieme all’evidente politicizzazione della magistratura, che fa comodo alla sinistra. Vittorio Carnacina Caro Carnacina, non si tratta di difendere o condannare preventivamente la ministra Daniela Santanché. Per tutti esiste, e va riaffermata, la presunzione di innocenza fino alla condanna in via definitiva. Quello che è in discussione è l’opportunità che un esponente del governo resti in carica dovendo affrontare accuse non di poco rilievo rispetto al suo ruolo pubblico. Possiamo stabilire che nessuno debba dimettersi fino a una sentenza della Cassazione: l’importante sarebbe poi, come lei dice, la coerenza nel rispettare questa linea. Il punto è che nessuna forza politica l’ha fatto finora. La presidente del Consiglio ha chiesto passi indietro di tanti esponenti dei partiti rivali, lo stesso rigore preventivo l’hanno reclamato altri leader, salvo poi fare eccezioni per loro alleati. In tutto questo pesa anche la reazione dell’opinione pubblica, che a volte fa sentire la sua disapprovazione e a volte resta silente o indifferente. Non è improbabile che alla fine la responsabile del Turismo venga indotta da Giorgia Meloni a lasciare l’incarico per non dare occasioni all’opposizione per attaccare la maggioranza su uno dei suoi temi chiave: la legalità e l’ordine. Resta il tema della magistratura “politicizzata”, una situazione (vera o presunta) che avvelena la vita pubblica italiana da decenni, senza che si riesca a trovare una via di uscita. La riforma avviata a passo di carica dal centrodestra per separare le carriere di pubblici ministeri e giudici, oltre ad avere suscitato la forte protesta delle toghe, lascia perplessi molti cittadini sulla sua reale efficacia. Non sembra, infatti, che aiuti a rendere più rapidi i processi o ad assicurare una migliore amministrazione della giustizia. È stato quindi avanzato il sospetto che il provvedimento sia orientato a rendere i pm meno “ostili” nei confronti della attuale classe dirigente e delle sue scelte legislative. Penso di avere già scritto in passato che nell’ordine giudiziario ci sono con tutta probabilità più simpatie progressiste che conservatrici. Ciò, tuttavia, non implica necessariamente un uso strumentale delle inchieste. Errori, lassismi, decisioni ad personam e persino reati (fin dentro il Csm) non sono mancati: giusto evidenziarli e sanzionarli. Continuare una battaglia tra poteri dello Stato non ha però senso. Se qualcuno nella sinistra, come lei dice, caro Carnacina, confida che la magistratura agisca in suo favore, commette una grave scorrettezza e non raccoglierà il favore degli elettori. Un maggiore senso delle istituzioni che superi ogni partigianeria è il pressante invito rivolto spesso a tutti dal Presidente della Repubblica. Dovrebbero ascoltarlo anche i magistrati che preannunciano imminenti contestazioni clamorose, destinate solo ad allargare le divisioni. © riproduzione riservata
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