Grandi prodotti, seppur non rari e, anzi, alla portata di tutti. Un merito in un mercato che, ogni tanto, cede eccessivamente alle seduzioni delle etichette di pregio e costose, magari dimenticandosi che la vera forza dell’agroalimentare nazionale sta nella qualità diffusa e accessibile. È il caso dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti che, ancora una volta, mietono successi e riconoscimenti in tutto il mondo. Il punto sul mercato è del Consorzio di tutela che in una nota ha spiegato come a fine 2024 sia stato superato il tetto dei 90 milioni di bottiglie: un traguardo in linea con quello dell’anno precedente, nonostante le turbolenze di mercato e climatiche. In questo modo, quella del Moscato, come fa notare con orgoglio proprio il Consorzio, è la “Docg più importante al mondo nel segmento dei vini aromatici”. Un risultato che è anche una responsabilità riconosciuta un po’ da tutti ad iniziare, naturalmente, dai mercati di vendita più affezionati. Guardando ai numeri, i tecnici fanno rilevare che a
trainare il risultato è il Moscato d’Asti che ha chiuso il 2024 con un imbottigliato di oltre 33 milioni di pezzi, in crescita in doppia cifra grazie in particolare alla domanda statunitense, a quella italiana e all’aumento dei consumi di Corea e Cina. In leggera flessione, invece, l’imbottigliato di Asti Spumante che però tiene sul fronte delle esportazioni. In questo caso, in grande ascesa le spedizioni verso l’Est Europa, dove Lettonia (tendenziale a +5%) e Russia (+49%) rappresentano oltre un terzo del totale export nel periodo; in lieve calo gli Usa (-2%) mentre il Regno Unito cresce del 10%.
Soddisfatti naturalmente i giudizi degli addetti ai lavori che, appunto, parlano di buoni risultati «nonostante le incertezze dei mercati» e del fatto che proprio i numeri indicano come le tendenze di consumo siano sempre più orientate verso prodotti alcolici a bassa gradazione. I più attenti osservano, poi, come Moscato d’Asti e Asti Spumante siano «naturalmente low alcohol» e in qualche modo «tradizionali ma moderni allo stesso tempo, in grado di intercettare nuove tendenze come quella dei cocktail». Detto in due parole, il moscato è un prodotto moderno perché è flessibile e quindi in grado di rispondere meglio alle esigenze di mercati diversi. Una modernità che, comunque, si basa su una tradizione produttiva di tutto rispetto.
Il vitigno Moscato Bianco che dà vita alla Docg è infatti coltivato in 51 comuni delle province piemontesi di Alessandria, Asti e Cuneo, circa 10mila ettari Patrimonio Mondiale dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco. Ad oggi le aziende consorziate sono 1013, divise tra 50 spumantistiche, 778 viticole, 153 vitivinicole, 17 aziende vinificatrici e 15 cantine cooperative. Il 90% della produzione viene esportata. Come dire: tradizione locale per un mercato mondiale.
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