sabato 1 settembre 2007
Nel suo cervello i pensieri svolazzavano come uccelli solitari attraverso nuvole vuote, senza stormo e senza lasciare traccia.
Aveva salvato la vita del giovane imperatore Francesco Giuseppe nella battaglia di Solferino (1859) e per questo era diventato, anche nei libri di storia, "l'eroe di Solferino". Ma la nobiltà e la dedizione un po' retorica di questo personaggio, Joseph Trotta, si scontra con la sua discendenza che vede invece in scena un debole nipote, Carl Joseph, il vero protagonista del romanzo La marcia di Radetzky (1932) di uno scrittore austriaco ebreo, Joseph Roth, particolarmente amato dai lettori di questi ultimi decenni. Il cervello di quel giovane erede incapace e irresoluto è appunto attraversato da pensieri vani e inconsistenti, simili ai voli di uccelli solitari.
Ebbene, questo ritratto amaro sembra purtroppo adattarsi a molti la cui mente ospita solo pensieri svolazzanti, superficiali, pronti a cambiar rotta, senza mai lasciare una traccia nella vita. Aveva un bel dire il grande Pascal " l'autore di quel testo decisivo che s'intitola appunto I pensieri " che «il pensiero fa la grandezza dell'uomo», ma spesso quelle ideuzze vaghe che si agitano nelle scatole craniche di molti sono solo colpi di testa, soffi d'aria, traiettorie destinate a dissolversi come le scie della carena di una nave nel mare. Aveva ragione Leonardo da Vinci quando lapidariamente annotava: «Chi poco pensa, molto erra». Ecco, allora, la necessità di abbandonare il pensiero troppo debole e di ritornare alla seria, faticosa e sostanziosa riflessione. Perché " ed è ancora Pascal ad ammonirci " «impegnarsi a pensare bene è il principio della morale».
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