venerdì 5 agosto 2005
Venite, voi disseccati, voi stritolati, voi frantumati,/ disponetevi in cerchio intorno a me fino a formare un grande anello:/ nonni, nonne, padri, madri con bimbi al collo./ Venite, ossa di ebrei ridotti in polvere e cenere. È terribile questa scena: al centro c'è un cantore che, come il profeta Ezechiele nel celebre c. 37 della sua profezia, convoca le ossa dei morti ebrei, vittime delle stragi perpetrate contro di loro nei secoli, perché si ricompongano in una sorta di tragica corona. Ci sono gli scheletri di vecchi accanto a quelli dei loro figli, giù
giù fino alle piccole ossa dei bambini. A intonare questo Canto del popolo ebraico massacrato è un poeta contemporaneo, Yitzhak Katzenelson, e noi abbiamo voluto citarne alcuni versi perché proprio come oggi, il 5 agosto 1243, si consumava nella
città bavarese di Kitzingen un eccidio di ebrei, accusati assurdamente di usare sangue umano nella cena pasquale (era la tristemente nota e comune accusa di omicidio rituale). Il mostro della violenza cieca, del razzismo, dell'isteria collettiva è sempre in agguato, sia nella sua forma più satanica e palese, sia nelle sue espressioni meno appariscenti, come accade anche tra di noi quando si disprezza e si prevarica sullo straniero o si respinge con veemenza tutto ciò che è diverso da noi, innescando reazioni parallele di ostilità. Dobbiamo sempre stare in guardia perché il seme dell'odio può essere con facilità deposto nel cuore, forse anche sotto l'alibi di buone intenzioni e con l'uso persino della religione. Come scriveva Benedetto Croce, «la violenza non è forza ma debolezza e miseria interiore».
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