Ormai “Techetechetè” ha un po' il fiatone
venerdì 17 agosto 2018
Techetechetè, in onda tutti i giorni su Rai 1 dopo il Tg delle 20, è il programma che più di ogni altro contrassegna l'estate televisiva. Dal 2012 arriva puntuale (o quasi) ogni sera alle 20.35. Eccezion fatta per alcuni casi particolari, compresi quelli in cui la cronaca impone spazi imprevisti come può succedere di fronte a notizie tragiche come quelle di questi giorni. Altrimenti è saldamente garantito il suo ruolo di access prime time estivo dell'ammiraglia della tv pubblica, ovvero di traghettatore verso la prima serata di Rai 1 da giugno a metà settembre. Anche perché tutto è stato assemblato per tempo, con precise logiche e tecniche di montaggio, disponendo il prezioso materiale delle Teche secondo un tema o un personaggio che si reputa incontrino il favore del pubblico: dal varietà al rock, da Sandra e Raimondo Vianello a Vasco Rossi. Una miscellanea eterogenea che anche quest'anno attira ogni volta più di tre milioni e mezzo di telespettatori, pronti a una capriola nostalgica in un passato più o meno remoto, non oltre, comunque, quel 3 gennaio 1954 che sancisce il primo giorno di trasmissioni televisive regolari e l'inizio della raccolta di filmati nel ricco archivio di casa Rai. Tirarli fuori oggi, secondo un criterio prestabilito, diventa in qualche modo un racconto dell'Italia, ma anche un modo per svecchiare il ruolo degli archivi che non hanno più soltanto la funzione di conservare, bensì anche quella di proporre qualcosa di apparentemente nuovo grazie all'assemblaggio. Per di più il revival è ormai un genere codificato di vasto successo che appassiona i telespettatori in un confronto, non tanto tra il come eravamo e il come siamo, quanto tra il com'erano e il come sono («Com'è invecchiato! Com'è ingrassato! Ma quanti anni ha? È ancora vivo?»). C'è solo il rischio che a forza di dare fondo alle Teche finisca il materiale. Ormai un po' tutti alla Rai attingono al prezioso contenitore della tv pubblica del passato e del presente riunita in nastri, bobine, pellicole, videocassette e file. Ma il rischio maggiore è che finiscano le generazioni che hanno piacere nel rivedere qualcosa che appartiene al loro passato televisivo. Intanto si comincia ad avvertire un po' di affaticamento nel seguire un programma dal buon ritmo, ma dalla lunghezza complessiva in espansione.
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