martedì 11 febbraio 2003
La "Nuova Frontiera" di cui parlo non è un insieme di promesse ma di sfide. Non consiste in ciò che intendo offrire al popolo americano,
ma in ciò che intendo chiedergli. Un amico americano che vive a Milano da trent'anni mi fa ascoltare desumendola dalla sua sorprendente "nastroteca" una registrazione del 15 luglio 1960. La voce è appannata dai fruscii e dal sottofondo e interrotta dagli applausi, ma risuona sufficientemente chiara per essere compresa. È quella di John F. Kennedy e ciò che ascoltiamo è il famoso discorso di accettazione alla candidatura per la presidenza degli Stati Uniti, discorso tenuto nella "convention" democratica. Un discorso divenuto celebre proprio per quella espressione, "Nuova Frontiera", che ricalcava quella di un altro presidente democratico, F.D. Roosevelt, New Deal, cioè "nuovo piano, progetto, patto" (1932). Ho scelto una frase che mai si sognerebbero
di dire i politici di oggi. Alla valanga di promesse elettorali, che coscientemente non saranno poi mantenute, Kennedy oppone l'impegno comune di politici e cittadini. Diritti e doveri non possono mai essere scissi o modulati secondo la propaganda. La costruzione di uno stato o di una comunità è frutto della convergenza attiva di tutti. La considerazione può estendersi a molti altri campi. Uno per tutti: l'educazione. Formare le coscienze vuol dire non solo dare ma anche esigere, significa comprendere e rispettare ma anche plasmare e correggere, comporta pazienza e amore ma anche severità e fermezza. Concedere tutto senza mai esigere nulla crea, alla fine, non persone soddisfatte ma piccoli mostri infelici e prepotenti.
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