
Sollecitato da quanto richiesto da un pugno di lettori e lettrici, ZeroVirgola - pur consapevole di un quadro socio economico generale piuttosto cupo - ha iniziato l’anno con la ferma intenzione di privilegiare le luci alle ombre, di badare soprattutto ai bicchieri mezzi pieni e di lasciare ad altri l’onere di maneggiare quelli mezzi vuoti. Per questo si era pronti a presidiare un filone assai caro, forse pure troppo, quello del debito. Per mettere in discussione i toni allarmistici con cui è stato salutato un traguardo ormai nel mirino da tempo: i 3mila miliardi di debito pubblico italiano, certificati in settimana dalla Banca d’Italia.
Eravamo pronti, armati di buone intenzioni e costruttive argomentazioni. Poi ci si è messo di mezzo Eurostat, l’Istituto europeo di statistica. Che giovedì ha messo il dito in una piaga troppo dolorosa per non essere rimarcata: i medici, professione ormai in via d’estinzione in tutta Europa e in particolare in Italia. Il debito dunque può attendere. In ballo, in fondo, c’è sempre ciò che ci sta più a cuore: il futuro, nostro e di chi verrà dopo di noi. Mai come in questo caso la fotografia numerica sintetizza la gravità di un sistema sanitario che non regge, per la carenza di fondi (pubblici) ma soprattutto di risorse umane, ben più difficili da reperire. Nel 2022, ha calcolato Eurostat, l’Unione europea poteva contare su un “esercito” di 1,83 milioni di medici, di cui il 20,8% in Germania (381mila), seguita dall’Italia con poco meno di 250mila, oltre 30mila in più della Francia. Ma per il nostro Paese le buone notizie finiscono probabilmente qui. Nonostante l’Italia, come quasi tutti i principali Paesi europei, abbia visto crescere il numero di laureati in medicina ogni 100mila abitanti rispetto al 2012 (anno in cui, guarda caso, i decessi hanno iniziato a superare le nascite), si trova a fare i conti con l’età media di categoria più alta del continente. Oltre la metà dei medici ha più di 55 anni (siamo al 54%, dato che vale il primato davanti al 53,9% della Bulgaria), e circa uno su quattro addirittura più di 65 anni.
Cifre che parlano da sole, e che suggeriscono come il peggio debba ancora arrivare. Se l’età media è così elevata, l’emorragia da pensione è dietro l’angolo: in questo caso le variabili sono tante e si può ragionare solo per stime, ma di qui al 2030, secondo la Federazione nazionale degli ordini dei medici uscirà dal sistema più di un medico su tre, con un apice della «gobba pensionistica» che è stato già raggiunto nel 2024 per i medici di medicina generale e verrà raggiunto nel 2025 per gli ospedalieri e gli specialisti ambulatoriali. Il fatto, si diceva, è che non basta una finanziaria più generosa o una riforma del Sistema Sanitario nazionale a risolvere il problema. Ci vuole un’altra risorsa, che non abbiamo: il tempo. Perché nello stesso momento in cui i medici diminuiranno, ad aumentare in Italia saranno gli anziani, categoria che statisticamente necessita di maggiori cure.
Guardiamo allo stesso orizzonte temporale, il 2030: mentre i camici bianchi, si accennava, si ridurranno di un terzo, l’età media degli italiani - ha stimato l’Istat a fine luglio - salirà di oltre due punti percentuali, dai 46,4 anni del 2023 ai 47,9 del 2030, con una punta di 48,5 anni al centro. E la popolazione con oltre 65 anni balzerà al 28%, dal 20,5% del 2010 e dal 23,4% del 2020, secondo i dati della Banca Mondiale. Meno medici, più anziani: ecco la trappola sanitaria italiana. Una bomba, forse più che una trappola. Riusciranno le nuove generazioni a disinnescarla in tempo utile?