Mayol, Clown, Maiorca e il senso del respiro
mercoledì 22 dicembre 2021
Il 22 dicembre di vent'anni fa, l'apneista francese Jacques Mayol si tolse la vita nella sua casa di Capoliveri, all'isola d'Elba, dove viveva da molti anni. Famoso con il soprannome di "uomo delfino" era nato 74 anni prima a Shangai e aveva girato il mondo facendo i mestieri più disparati (pianista, attore, taglialegna, cercatore di tesori, scrittore, inviato speciale, sommozzatore, cineasta, esploratore e anche cavia per molte ricerche sulla fisiologia subacquea). L'incontro che gli cambiò la vita, dopo aver viaggiato moltissimo, avvenne al Seaquarium di Miami, quando Mayol conobbe una delfina di nome Clown, con cui passò moltissimo tempo, osservandola come farebbe uno studente con il suo mentore, perfezionando così le sue tecniche di respirazione e di permanenza sott'acqua. Abilità che lo porteranno a duellare con l'italiano Enzo Maiorca, con il quale nascerà un rapporto competitivo, ma necessario: quella rincorsa verso il terzo asse di esplorazione del pianeta (insieme a quelli verticale degli alpinisti e orizzontale dei viaggiatori) non sarebbe stato uguale senza quel dualismo. Dieci anni fa, l'apneista siracusano scomparso nel 2016, disse di Mayol: «Sento la mancanza dell'avversario, ma anche dell'amico». Quel rapporto così intenso, fra alti e bassi, ispirò il film di Luc Besson, Le grand Bleu, che a lungo non circolò in Italia, proprio perché Maiorca non si riconosceva in quel personaggio caricaturale interpretato da Jean Reno. Lo scendere negli abissi di Mayol aveva sì un aspetto romantico («La più bella musica del mondo è quella del vento, delle maree, degli uccelli, del soffio del mare», diceva), ma anche un significato scientifico e di contributo alla conoscenza dell'evoluzione di meccanismi fisiologici. Fu anche grazie a lui che si svilupparono i parti assistiti dove il bambino, lasciato il liquido amniotico viene condotto a nuotare in acqua a una temperatura vicina a quella conosciuta per nove mesi, al fine di ridurre al minimo il trauma della nascita. Grande passione di Mayol fu anche la disciplina dello yoga che per primo introdusse come strumento di preparazione per gli apneisti, diventando il maestro di un altro nostro campione, Umberto Pelizzari. Un rapporto struggente quello di Mayol con il respiro: capace di trattenerlo per oltre 100 metri di discesa in un abisso marino, dominarlo con lo yoga, ma che in maniera drammatica vent'anni fa decise di negarsi per sempre, impiccandosi a una trave del soffitto della sua casa all'Elba. Sprofondato negli abissi della depressione, più insondabili di quelli marini, Mayol se ne andò così da questo mondo. Anche la "sua" delfina Clown se ne era andata, nel 1972, in seguito a una infezione delle vie respiratorie. Mayol era passato a trovarla al Seaquarium di Miami, quasi per premonizione: «Clown non c'era più. Ora la stella dello spettacolo era una sua figlia, che lei aveva avuto nel frattempo. Così lo spirito della mia compagna si era perpetuato. Tale è la legge del ciclo della Vita e della Morte. Ma io vedo Clown quando passo al Seaquarium per andare a fare visita a sua figlia che le assomiglia come una goccia d'acqua e sembra che abbia lo stesso carattere e la ritrovo ogni volta che il mio sguardo incontra quello di un altro delfino. Ho la netta sensazione che vi sia dietro quello sguardo qualcosa che non riesco a capire. Sento che c'è un'affinità fra quel delfino e me, fra tutti i delfini e tutti gli uomini». Chissà cosa avrebbe capito di questa pandemia che ci uccide (e nel migliore dei casi ci divide) proprio togliendoci ossigeno.
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