domenica 19 novembre 2017
Stavamo costeggiando un fiume che si snodava attraverso la foresta. Il banchetto a base di purganti offertoci dai Mongri aveva acuito i nostri sensi (come quei digiuni che i monaci tempo fa praticavano durante la Quaresima). Non si poteva dire, tuttavia, che quel banchetto ci avesse saziato. Probabilmente, in un'altra circostanza, quel bel fiume cangiante, gorgheggiante, circondato di alberi esotici e di uccelli svolazzanti di fronda in fronda, avrebbe suscitato in me la meraviglia del viaggiatore naturalista. Ma proprio la natura, la natura in me, mi impediva di fare il naturalista stupito. Guardavo il fiume con appetito. E per stupendi che fossero i piumaggi e i canti degli uccelli, ogni volta che ne vedevo uno, mi domandavo se fosse commestibile. Poteva essere un tucano, un uccello del paradiso, un quetzal splendente : la sua bellezza mi avrebbe colpito ancor di più se fatta allo spiedo e ben arrostita. Fu in quel momento che mi resi conto di quanto il progresso ci avesse resi impotenti. Ero prete, conoscevo la teologia, ma non sapevo fare nulla con le mie dieci dita, ero incapace di procurarmi il cibo. In mezzo a quell'ecosistema, ideale per un cacciatore-raccoglitore, ero condannato, come Tantalo, a morire di fame. Le mie mani erano state consacrate ma questo le aveva rese ancor più maldestre. Potevo benedire tutti gli uccellini creati dal buon Dio ma non ero in grado di catturane neppure uno. Potevo, come sant'Antonio, fare un sermone ai pesci o ascoltare su un impianto stereo la Trota di Schubert, ma come acchiappare una vera trota e come arrostirla (giacché non sapevo neanche fare un fuoco)? Cristo, Lui, sapeva come fare. Anche dopo la resurrezione, sulle rive del lago di Tiberiade, la sua gloria non disprezzava né la pesca né il fuoco di legna. Del resto, tutti
gli apostoli possedevano quelle competenze elementari. Gesù disse a Pietro: «Seguitemi e vi farò pescatori di uomini». Io invece ero diventato pescatore di uomini senza mai essere stato pescatore e basta. Come sarebbero andate le cose se Pietro e Andrea fossero stati programmatori informatici? O professori di teologia pastorale? Il solo amo di cui pressappoco sapevo servirmi era la carta di credito; la sola rete, internet. Utilizzavo il motore di ricerca Ecomind, specializzato nello «sviluppo digitale ecosostenibile»: ogni email che spedivo contribuiva a piantare alberi. Ma io non avevo mai piantato un albero. Per la refezione, al convento, ci servivamo soprattutto delle rimanenze di Carrefour : piatti cucinati in confezioni in plastica marchiate “Come a casa” o “Viva la mamma!”. E dovevamo rallegrarci di quei doni, ogni anno ringraziare con una bella lettera il generoso direttore del supermercato come attore della Provvidenza. Le cose non andavano meglio con le ostie. Le ordinavamo sul sito Holyart e le ricevevamo per posta confezionate in blister. Erano fabbricate «con macchine e tecnologia di avanguardia», conformemente «alle norme della Chiesa e ai desideri della clientela». Nulla si diceva della farina né del glifosato che probabilmente si ritrovavano nel Corpo di Cristo. Si precisava invece che una sottomarca commercializzava i ritagli delle ostie come snack salati o zuccherati: «L'ideale per i vostri aperitivi in parrocchia o i brindisi in compagnia». In tutta la mia vita, non avevo mai impastato né cotto una sola pagnotta. I campi di grano non erano per me che un'immagine da cartolina. La mia abilità di individuo moderno era largamente inferiore a quella di un uomo delle caverne, e peggio ancora, mi rendevo complice di tutto un macchinario oscuro : il pesce che non avevo pescato, erano enormi pescherecci, camion-frigoriferi, piattaforme logistiche e piani di riduzione del personale a portarmelo nel piatto. Questa dipendenza totale corrispondeva probabilmente a un'estensione della fiducia e della cooperazione tra gli uomini. Non fare più niente da sé stessi, avere sempre bisogno di tutta l'economia mondiale per procurarsi un broccolo o per parlare con la mamma (al telefono), ecco il segno di un'umanità assolutamente solidale. Solidale sì, ma nella perdita della prossimità, nello sfruttamento lontano, nella sonnolenza complice, fino a ché un cataclisma planetario non ci svegli tutti. In breve, predicavo la comunione e vivevo nel consumismo. La sola preda ancora alla mia portata era il mio confratello Ugo. Non sapevo pescare il salmone né cacciare la beccaccia. Ma ero capace di strangolare il mio prossimo. E poi, non eravamo tanto lontani dalla cordigliera delle Ande. Mi ricordavo del volo 571 della Fuerza Aérea Uruguaya. I superstiti del disastro si erano alla fine decisi a cibarsi dei cadaveri. Con molto rispetto, pare. Di necessita virtù. Se Ugo fosse morto prima di me, quale parte del suo corpo avrei mangiato per prima ? No, indubbiamente, non sarei diventato un cannibale. Non per questioni di morale, ma per il disgusto. Ero immerso in queste riflessioni quando fratel Ugo si girò verso di me agitando un pugno sotto il mio naso. Mi aveva scoperto? Aveva sentito sul collo il mio fiato di predatore impotente? Il suo gesto non aveva niente di minaccioso. Mi mostrava una cosa quasi invisibile. Un filo pendeva dalla sua mano. Un filo munito di un uncino di metallo. «L'ho preso dagli sciamani. Le mamme dei mongri se ne servono come guinzaglio per i bambini. Può servire per fare una buona lenza…». I miei occhi dovevano essere spalancati e rotondi come l'ostensorio delle feste: «Una lenza, eddai, u-na len-za per pe-sca-re», fece lui sillabando come se fossi un perfetto idiota. Ero un perfetto idiota. I miei genitori erano universitari di sinistra. I suoi erano contadini della Normandia. Suo padre l'aveva portato a pescare quando era bambino. Gli aveva insegnato anche a fare un fuoco strofinando pezzi di legna secca. Quando Ugo estrasse dal fiume il primo pesce – «Una specie di salmerino», mi disse – lo svuotò, lo fece cuocere sul fuoco e me ne presentò la metà, fu la prima volta che mi sentii pronto ad abbracciarlo. Ma questo dava anche più forza alla mia certezza: appartenevamo a due mondi lontani
milioni di anni luce.
(11, continua. Traduzione di Ugo Moschella)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI