mercoledì 27 luglio 2005
Val la pena che il sole si levi dal mare/ e la lunga giornata incominci? Domani/ tornerà l'alba tiepida con la diafana luce/ e sarà come ieri e mai nulla accadrà. Nella Bibbia c'è un sapiente, Qohelet, che esclama: «Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà: non c'è niente di nuovo sotto il sole. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: Guarda, questa è una novità? Proprio questa cosa è già stata nei secoli che ci hanno preceduto!» (1, 9-10). E così via, ripetendo la sua convinzione che la storia sia come un disco inceppato che ripete sempre la stessa nota, un flusso circolare di "tempi e momenti" (si legga il c. 3 di quel libro biblico). La stessa amara sensazione è replicata da Cesare Pavese nei versi che sopra ho citato. È questa l'esperienza di molte persone che, certo, non approderanno come lo scrittore piemontese al suicidio, ma la cui vita rimarrà all'insegna della noia, nella scontata certezza che ogni giorno che comincia non reca in sé nessun germe di novità, di freschezza, di speranza. Un noto saggista, Pietro Citati, nel suo libro I frantumi del mondo (Rizzoli 1978) osservava come spesso sul viso di tante persone «ci capita di scorgere sempre più di frequente un'espressione di malumore e malcontento, che scende come una maschera di tedio a soffocare lineamenti un tempo eleganti». È, questa, una situazione che colpisce persino i giovani e li conduce a sopravvivere, senza ideali e fremiti, senza attese e aspirazioni. Ritroviamo tutti la capacità di scoprire le piccole novità di ogni giorno, con la fiducia in una grande sorpresa di Dio.
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