venerdì 14 gennaio 2005
Ogni pensatore che vorrà diventare oratore, ogni uomo di spirito e di cuore che vorrà diventare ed essere eloquente, muovere le masse, dominare le assemblee, agitare gli imperi con la sua parola, non avrà da fare nient'altro che passare dalla regione delle idee al territorio dei luoghi comuni. «Niente di più bello del luogo comune»: così annotava nei suoi Diari intimi il poeta francese Charles Baudelaire, registrando un fenomeno costante nella storia dell'umanità. È ciò che ribadiva in modo più articolato un altro autore francese, il famoso Victor Hugo, che nei citati Taccuini segnalava l'uso perverso che l'uomo spregiudicato può fare di idee o giudizi infondati o per lo meno parziali, contrabbandandoli per verità proprio perché apparentemente logici e accettabili. È questo appunto il luogo comune che impera nel linguaggio pubblicitario e politico ma che intacca anche altri settori dell'esistenza personale e sociale, compreso quello religioso. È, infatti, più faticoso ragionare, cercare, vagliare, documentare: la "regione delle idee", come la chiama Hugo, è un territorio in cui si deve procedere con cautela. Ben più agevole e pianeggiante è il "territorio dei luoghi comuni", ove basta la battuta che strappa l'applauso oppure dove è sufficiente dire ciò che il pubblico s'attende o introdurre quel "buon senso" che in realtà è solo comodità, banalità e inerzia. L'onda lunga dei luoghi comuni " dalla quale è facile lasciarsi trasportare o che è agevole cavalcare " lambisce ormai quotidianamente la nostra vita. Vale, allora, il monito di un altro francese, il grande Pascal, che invitava non a «ben pensare» (il "benpensante" segue la dominante sociale) ma a «pensare bene», seriamente e fondatamente.
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