mercoledì 24 gennaio 2007
La difficoltà non è tanto quella di sviluppare nuove idee, quanto quella di separarsi dalle vecchie. Ricordate la donna Prassede dei Promessi Sposi? Di lei Manzoni notava che era dotata di poche idee alle quali era, però, molto affezionata, e continuava: «Tra le poche, ce ne'era per disgrazia molte delle storte; e non erano quelle che le fossero meno care». Ahimè, questa è una caratteristica che un po' tutti condividiamo con quel personaggio un po' tronfio e un po' ridicolo. Ci sono, infatti, idee che si sono attaccate al nostro cervello come zecche e ne succhiano l'energia creatrice impedendole di mettersi alla ricerca di altri pensieri, di aprire nuove prospettive. È il famoso economista inglese John Maynard Keynes (1883-1946) a denunciare questo rischio con la frase che abbiamo oggi proposto. A farci consumare più energie non è l'impegno nell'elaborare nuove idee ma nello staccare da noi quelle a cui siamo affezionati e che forse sono state anche smentite o per lo meno sono ormai improduttive. In italiano c'è la locuzione "idea fissa" per designare una mania: l'espressione è di sua natura già un assurdo perché l'idea non può essere fissa come un bracciale che indossi; è una realtà vivente, dinamica, creativa. In realtà si tratta piuttosto di idee morte o erronee, disseccate, capaci solo di impedire il cammino della ragione. È per questo che è necessario un esercizio costante di autocritica, da una parte, e di ricerca e apertura dall'altra. Un filosofo dell'Ottocento, da noi spesso citato, Soeren Kierkegaard, ci dà al riguardo un bel consiglio che è da mettere in pratica con coraggio e determinazione, se si vuole distaccarsi da quelle idee: «Le idee fisse sono come i crampi ai piedi: il rimedio migliore è camminarci sopra».
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